Corsa al Isee, quando lo Stato ingrassa i sindacati

Milioni di contribuenti si rivolgono ai Caf per chiedere Isee. Per ogni pratica l’Inps riconosce ai centri di assistenza dai 10 ai 17 euro.
4 anni fa
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ISEE
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Il 2020 è stato l’anno della corsa al Isee. Ma anche il 2021 non è da meno e i Caf, gestiti dai sindacati, lavorano a pieno regime per assistere i contribuenti nella richiesta dell’indicatore della situazione economica equivalente.

A cosa serve? E’ il documento che permette di accedere a tutte quelle prestazioni socio economiche erogate in prevalenza dall’Inps. A partire dai vari bonus economici, per finire ai sussidi dei Comuni o per l’iscrizione dei figli alle Università.

Domande Isee da record

Senza l’Isee, insomma, non è più possibile chiedere assistenza allo Stato.

Non è una novità perché l’Isee esiste da tempo. Ma oggi è diventato indispensabile per quasi tutto. Dal prossimo 1 luglio sarà necessario anche per ottenere l’assegno unico universale.

Così le domande ai patronati per richiedere l’Isee si sono impennate vertiginosamente. I vari decreti, dai Ristori ai Sostegni, emanati dal governo durante il periodo di pandemia basano l’erogazione degli aiuti sulla capacità economica del beneficiario. In altre parole, si aiutano (giustamente) i meno abbienti. Solo che per farlo li si manda a fare le code ai patronati.

Stando ai dati diffusi dai Caf, lo scorso anno sono stati rilasciati dall’Inps oltre 8 milioni di documenti. Al 15 aprile la domanda era già arrivata a quota 5 milioni con un incremento tendenziale del 20% entro fine 2021. Insomma, una vera e propria corsa al Isee.

Boom di domande nel 2021

Il decreto Sostegni ha dato ulteriore impulso al Isee. Non lascia nemmeno molto tempo a disposizione perché le domande per i vari bonus previsti dal decreto devono essere presentate entro il 30 aprile corredate appunto della documentazione Isee. L’elaborazione di tale indicatore non è difficile, ma la raccolta dei dati da inserire sul portale Inps che lo elabora è complessa e necessita nel 90 per cento dei casi di assistenza da parte di professionisti.

Ma, al di là dell’utilità del Isee, c’è da notare come lo Stato attraverso un processo legislativo apparentemente normale abbia messo in moto un’economia milionaria parallela. In pratica si spingono i cittadini a richiedere documenti sulla base di dati, che lo Stato potrebbe anche già conoscere, per muovere scartoffie e far lavorare la burocrazia. A tutto guadagno dell’industria dei Caf, gestiti dai sindacati.

I costi del Isee

Benché l’assistenza e la richiesta di Isee da parte del cittadino sia gratuita, per ogni certificazione richiesta, l’Inps corrisponde agli intermediari, per ciascun certificato elaborato, dai 10,81 ai 17,35 euro. La cifra varia in base al numero dei componenti della famiglia e quindi al grado di difficoltà di raccolta e gestione dati dei singoli soggetti.

Moltiplicando queste cifre per il numero di Isee richiesti nel 2020 a un prezzo medio di 13 euro salta fuori una cifra superiore ai 100 milioni di euro. Solo per l’Isee, senza considerare le altre istanze di assistenza fiscale o previdenziale per le quali i contribuenti chiedono aiuto ai Caf. In pratica, da questa crisi economica, lo Stato ha fatto guadagnare fior di quattrini agli intermediari, cioè ai sindacati.

Lo Stato sa già tutto di noi

Ma i soldi da dove arrivano? Sempre dallo Stato attraverso la fiscalità generale che, a questo punto, non potrà mai diminuire se si è costretti ad alimentare un circolo vizioso basato sul passacarte. Inutile parlare di semplificazione, di taglio della burocrazia, di digitalizzazione, quando alla base di ogni manovra economica il governo sposta denaro da una parte all’altra senza apportare alcun miglioramento qualitativo alla vita delle persone.

Richiedere o rinnovare un Isee è infatti molto complicato e molte famiglie vi rinunciano in partenza. Servono dati catastali, redditi, estratti conto bancari, ecc. Senza considerare che poi l’Inps e la Guarda di Finanza controlleranno tutto a tappeto non mancando di sanzionare (anche penalmente) le dimenticanze dei richiedenti.

Da una parte quindi si usano i contribuenti per far lavorare (e guadagnare) i Caf, dall’altra si dà lavoro ai controllori per le verifiche.

Tutti passaggi di carte e documenti che lo Stato sarebbe in grado (se volesse) di gestire automaticamente perché conosce tutto di noi. Le informazioni economiche e fiscali sono accentrate nell’anagrafe tributaria. L’Inps è inoltre in grado, possedendo i mezzi e potendo accedere alle varie banche dati nazionali, di svolgere il lavoro per conto dei contribuenti. Senza bisogno di farli impazzire.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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