Cosa fare per andare in pensione con versamenti volontari, riscatti o Pace Contributiva

Cosa fare per andare in pensione con versamenti volontari, riscatti o Pace Contributiva per completare la carriera contributiva.
6 mesi fa
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Ecco cosa fare per andare in pensione con versamenti volontari, riscatti o Pace Contributiva per completare una carriera contributiva carente.
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Chi sceglie di versare i contributi autonomamente deve essere consapevole che si tratta di una spesa spesso ingente. Tuttavia, questa diventa spesso l’unica via che un contribuente può scegliere per raggiungere le soglie contributive necessarie per la pensione, soprattutto per chi non ha più un lavoro e quindi ha interrotto i versamenti. La possibilità di versare autonomamente riguarda anche chi pensa al futuro e vuole già iniziare a contribuire per renderlo il più dignitoso possibile.

“Gentili esperti, sono un lavoratore che pensa già alla sua pensione futura.

Ho 58 anni e, probabilmente dopo 35 anni di lavoro, resterò senza occupazione a partire dal 2025. Senza entrare nel dettaglio del perché perderò il lavoro, mi chiedevo se potevo versare dei contributi volontariamente per arrivare a prendere una pensione tra qualche anno. So che si possono pagare a rate. Se mi dite che genere di spesa dovrei sostenere per arrivare a 43 anni di versamenti ve ne sarei grato. Soprattutto se potete suggerirmi la via più economica da sfruttare, grazie.”

Cosa fare per andare in pensione con versamenti volontari, riscatti o Pace Contributiva

La pensione si ottiene solo se si raggiunge una determinata età, accompagnata da una carriera contributiva altrettanto definita. Tuttavia, ci sono pensioni che non prevedono limiti anagrafici, richiedendo invece carriere lunghe oltre i 40 anni di versamenti. Per raggiungere questi numeri, la via principale è continuare a lavorare, con il datore di lavoro che versa i contributi per i dipendenti, oppure autonomamente con partita IVA o come lavoratore autonomo in generale. In alternativa, c’è la prosecuzione volontaria, che permette di continuare a versare contributi dopo aver chiesto l’autorizzazione all’INPS.

La cosiddetta prosecuzione volontaria è il sistema con cui un lavoratore, a cui mancano degli anni di versamenti per andare in pensione, può completare la carriera necessaria per giungere all’obiettivo. In pratica, un contribuente può decidere di continuare a versare i propri contributi anche se non ha più un lavoro, sostenendo il relativo onere simile a quello del suo datore di lavoro.

Bisogna prendere a riferimento l’aliquota contributiva del fondo pensionistico scelto. Per esempio, nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, l’aliquota è il 33%.

I calcoli, la spesa e i vantaggi fiscali della prosecuzione volontaria dei versamenti

Per esempio, un lavoratore interessato a versare 10 anni di contributi volontari deve considerare la retribuzione media settimanale delle ultime 52 settimane di lavoro svolte, cioè dell’ultimo anno di servizio. Su questa base deve calcolare il 33% di aliquota contributiva. Per coprire 10 anni di contributi, l’interessato dovrebbe versare oltre 35.000 euro, ovvero circa 3.500 euro all’anno se la sua retribuzione media è pari a 200 euro a settimana.

La prosecuzione volontaria è una possibilità per i lavoratori che hanno cessato o interrotto la loro attività lavorativa. Serve sia per perfezionare il diritto alla pensione sia per aumentare l’importo del trattamento. Oltre ai lavoratori che hanno interrotto la loro attività dipendente o autonoma, la misura può essere sfruttata anche da titolari di Assegno di invalidità o da chi è iscritto a previdenza straniera con Stati membri dell’UE o in convenzione bilaterale con lo Stato italiano.

Altre strade percorribili per andare in pensione con i contributi volontari

Una soluzione per ridurre l’elevato importo da versare è la possibilità fiscale di dedurre dal proprio reddito imponibile i contributi volontari versati. Il versamento di un periodo di contribuzione volontaria deve essere effettuato entro il trimestre successivo a quello cui i contributi si riferiscono. Quindi, per il primo trimestre dell’anno solare, cioè gennaio-marzo, il versamento deve essere fatto entro giugno. Per la deducibilità, si segue il principio di cassa, quindi si porta in deduzione dal reddito solo ciò che è stato versato nell’anno precedente a quello della dichiarazione dei redditi.

Prima di chiedere all’INPS l’autorizzazione ai versamenti volontari, che per il nostro lettore sarebbero circa 8 anni, è meglio verificare altre possibilità offerte dalla legge. Dal momento che i versamenti volontari variano in base alla retribuzione settimanale media degli ultimi 12 mesi, potrebbero esserci soluzioni più vantaggiose. Per esempio, c’è il riscatto della laurea, che consente di considerare come periodo di lavoro quello dedicato al conseguimento del titolo, tutto a spese del lavoratore. Per i periodi di studio successivi al 1996, si può godere del riscatto agevolato.

La Pace Contributiva può essere utile

Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, c’è anche la possibilità di sfruttare la nuova Pace Contributiva. In questo caso si potrebbe recuperare la contribuzione per quei periodi di non copertura assoluta intercorrenti tra il primo anno di versamento e il 31 dicembre 2023.

Riscatto laurea e Pace Contributiva sono strumenti alternativi ai versamenti volontari e consentono di raggiungere l’obiettivo pensione completando la carriera utile per accedere a una misura pensionistica. Ecco quindi spiegato cosa fare per andare in pensione con versamenti volontari, riscatti o Pace Contributiva. Anche questi strumenti alternativi alla prosecuzione volontaria sono deducibili dal reddito e possono essere versati a rate.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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