Alla morte di un pensionato il coniuge, e in alcuni casi altri familiari, hanno diritto alla cosiddetta pensione di reversibilità. In pratica la pensione di un defunto in alcune circostanze passa ai parenti. Anche se in misura inferiore a quella che il defunto percepiva quando era in vita. Si tratta di uno strumento di tutela per i parenti di un defunto e di uno strumento di sostegno reddituale per chi oltre al lutto deve subire anche la perdita reddituale derivante dalla cessazione della pensione.
“Salve, mio padre è morto a maggio e dal momento che mia madre è deceduta già molti anni fa, nessuno avrà diritto alla reversibilità di mio padre. Ma cosa devo fare all’INPS per chiudere i conti con la pensione di mio padre? Immediatamente subito dopo la sua morte, l’INPS ha bloccato la pensione. Ma volevo capire se è possibile recuperare dall’INPS qualcosa, dal momento che mi dispiace molto che a 68 anni mio padre ha goduto della sua pensione solo per pochi anni. E dopo una carriera lunga oltre 40 anni di contributi.”
Cosa si recupera sulla pensione dopo la morte del pensionato anche senza reversibilità
Sulla reversibilità della pensione di un defunto al coniuge o agli altri parenti tutto sembra abbastanza chiaro. Ma ci sono alcune misure in favore dei superstiti che spesso non vengono utilizzate. Finendo quindi con il far perdere dei soldi a chi invece avrebbe tutto il diritto a recuperarli. Si chiamano rate maturate e non riscosse e sono una parte importante di pensione che alla morte di un pensionato spetterebbero ai suoi superstiti. E sono anche ciò che spesso i superstiti non richiedono lasciando di fatto soldi all’INPS.
Per esempio, la tredicesima è una delle motivazioni per cui un superstite, a prescindere che entri o meno nel perimetro della reversibilità, ha diritto a recuperare. La reversibilità spetta al coniuge. Oppure ai figli minorenni, disabili o nelle altre condizioni previste dalla normativa (e in alcuni casi anche genitori e fratelli). Ma anche se nessuno dei superstiti ha diritto alla reversibilità, ed è il caso del nostro lettore, le rate maturate, soprattutto la tredicesima, spettano comunque.
Rate maturate e non riscosse, cosa sono?
In base alla data di morte di un pensionato cambiano le cifre che dovrebbero spettare ai superstiti relativamente alla pensione che è il defunto percepiva quando era in vita. Le cosiddette rate maturate e non riscosse non sono altro che delle somme di denaro che il pensionato non ha fatto in tempo a riscuotere perché è morto prima. Ideale per capire il meccanismo di queste rate maturate e non riscosse è la già citata tredicesima mensilità. Un pensionato che passa a miglior vita prima di dicembre (che è il canonico mese di erogazione della tredicesima), lascia questo diritto ai superstiti. Che devono espressamente richiederla all’INPS.
Se per esempio c’è anche la reversibilità al coniuge, a dicembre lo stesso coniuge riceverà la tredicesima. Ma solo per i mesi successivi a quelli della morte del marito. Si tratta della tredicesima sulla reversibilità. I mesi precedenti alla morte, sarebbero stati dentro la tredicesima del marito se fosse ancora in vita. E diventano ratei di pensione maturati e non riscossi appunto.
Domanda da presentare all’INPS per i ratei di pensione di un deceduto
Il nostro lettore, che ha perso il padre a maggio, dovrebbe richiedere all’INPS i ratei di tredicesima che il padre ha maturato da gennaio a maggio appunto. Quindi, 5/12 di tredicesima che ormai erano diventati un diritto del padre ma che l’INPS non ha potuto riconoscere perché deceduto prima di dicembre.
Anche se per esempio attendeva l’esito di una nuova liquidazione della pensione a seguito di ricostituzione. Se al pensionato che aveva già presentato domanda, spettavano somme aggiuntive, anche se riguardano arretrati, questi diritti passano agli eredi sotto forma di rate maturate e non riscosse.