Da una settimana è consultabile online la dichiarazione precompilata dall’Agenzia delle Entrate, che i contribuenti potranno confermare così com’è o modificare e finanche integrare con altri dati. Diversi milioni gli accessi già nelle prime ore, a conferma di quanto questo strumento sia diventato diffuso e consenta a molte famiglie di risparmiare le spese del Caf. E come ogni anno è caccia allo scontrino per scaricare ogni spesa possibile e cercare così di abbassare l’imposta lorda da versare allo stato. Si fa un gran parlare di “tax expenditures”, le legislature passano e nulla sembra mai cambiare.
Tax expenditures costano fino a 100 mld all’anno
Tax expenditures è un’espressione anglosassone che fa tanto chic nel dibattito pubblico, ma che alla fine non fa altro che raggruppare tutti i provvedimenti di natura fiscale tesi a garantire al contribuente una qualche forma di risparmio. Detrazioni, deduzioni, aliquote ridotte, veri e propri regimi alternativi come nel caso del forfetario a favore dei lavoratori autonomi. Da anni si parla di “giungla” per evidenziarne la boscaglia difficile da sfoltire. Centinaia e centinaia di eccezioni alla legislazione fiscale, che rendono complicato capire l’importo dovuto.
Per l’esattezza, stando all’apposita Commissione insediata al Ministero delle Finanze, nel 2022 di tax expenditures ve ne erano 626 e comportavano un mancato gettito fiscale per almeno 80 miliardi di euro. Altre analisi stimano che tali minori introiti ammonterebbero a un centinaio di miliardi, circa il 5% del Pil. Siamo all’assurdo, se pensiamo che l’Irpef, a cui perlopiù queste misure si riferiscono, abbia offerto complessivamente un gettito sui 240 miliardi, addizionali regionale e comunale incluse.
Paradosso alte aliquote e tante detrazioni
Le tax expenditures somigliano molto a quei cartelli ironici nei negozi con la scritta “Prima di chiederci lo sconto, dateci il tempo di aumentare i prezzi”.
Formalmente, tutti possono scaricare una voce di spesa dai redditi, ma il problema è che non tutti posseggono la sufficiente capienza fiscale. Ad esempio, se posso detrarre al 50% in cinque anni una spesa di 10.000 euro, significa che ogni anno potrò abbassare l’imposta lorda di 1.000 euro. Va da sé che se dichiaro redditi insufficienti a versare un tale livello di imposta, non potrò beneficiare appieno o affatto della detrazione.
Lobbismo e redditi bassi alla base della “giungla”
Per quale motivo esistono così tante tax expenditures? La ragione principale è che si tratta di benefici fiscali che si sedimentano negli anni. Nessun governo vuole rimuovere quelli passati per paura di attirare le ire di questa o quella categoria. E finisce con l’aggiungerne di nuove senza rimuovere quelle passate. Pensate, ad esempio, al bonus mobili. Se qualcuno decidesse di ridurlo o azzerarlo, i venditori di arredi protesterebbero. Se si pensasse di cancellare il bonus psicologo, scenderebbero in piazza proprio gli psicologi. E così via.
Sarebbe perfettamente razionale ridurre il numero delle tax expenditures e con il gettito recuperato tagliare le aliquote Irpef, Iva, Ires, Irap, ecc. Ma ciò è facile da dirsi, difficilissimo da farsi. Come detto sopra, mentre il costo dell’operazione verrebbe avvertito subito dalle categorie coinvolte, i benefici sarebbero più sfumati, generalizzati. E perché si è arrivati a tanto? Abbiamo detto che c’è una forte spinta lobbistica alla base di queste misure.
Tax expenditures risposta sbagliata a problema vero
Lo stato cerca di offrire un contentino a milioni di famiglie riducendo nei fatti il costo di acquisto di beni e servizi. Non ci sono abbastanza soldi per andare in palestra? Ti faccio scaricare l’abbonamento dalle tasse. Le ristrutturazioni edilizie sono costose? Ti agevolo io i lavori. Le tax expenditures sono la risposta sbagliata a un problema vero e serio. Peccato che finisca per aggravarlo, privando lo stato di risorse con cui tagliare l’alta imposizione fiscale, madre di tutte le sciagure economiche del Bel Paese.