Ormai sta per arrivare al termine la nuova stagione della dichiarazione dei redditi. Ottobre per il 730 e novembre per il modello Redditi PF sono i mesi di scadenza dei due modelli di dichiarazione classici. C’è chi dopo la presentazione del modello 730 ha ottenuto il rimborso IRPEF spettante e chi lo riceverà più in là. Ma c’è anche chi ha chiuso la dichiarazione a debito, pagando l’IRPEF. Se il modello utilizzato è stato il 730, con dentro il sostituto di imposta (datore di lavoro, ndr), tutto si è risolto o si sta risolvendo in busta paga o con il cedolino di pensione.
Perché oltre che il rimborso IRPEF, nella busta paga o sulla pensione si possono anche inserire le trattenute IRPEF per dichiarazione chiusa a debito. Ma chi ha usato il 730 senza sostituto, o chi ha usato il modello Redditi PF, l’IRPEF dovrebbe averla versata con il classico modello di pagamento F24. Ma c’è chi non ha adempiuto o non adempirà.
“Salve, ho chiuso la mia dichiarazione dei redditi con un saldo passivo di oltre 3.000 euro. Ho chiesto di rateizzare l’IRPEF dovuta e sono uscire rate da oltre 700 euro. Con in più l’acconto di novembre di oltre 1.000 euro. Non riesco a trovare i soldi per pagare. Cosa rischio se non assecondo le rate degli F24? Premetto che ho già saltato il pagamento della prima rata in scadenza il 31 luglio scorso.”
IRPEF e F24, ecco le cose da sapere sulla scadenza
Il pagamento dell’IRPEF, alla pari di tutte le altre tasse, tributi e imposte è un obbligo per tutti i contribuenti. L’IRPEF è un’imposta diretta che grava sui contribuenti in base al reddito da loro prodotto l’anno precedente. Chi non riesce a far fronte al versamento di questi balzelli, rischia sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Anche il semplice omesso versamento dell’IRPEF entro i termini stabiliti, porta al caricamento di interessi e sanzioni.
Gli interessi sono la parte saliente di questo rischio. Perché aumentano con l’aumentare dei giorni di ritardo. E perché sono il modo con cui lo Stato compensa il ritardato pagamento di un contribuente. Il tasso di interesse utilizzato è quello previsto per legge. Più salgono i giorni di ritardo rispetto alla scadenza, maggiori sono gli interessi da versare dopo.
Ravvedimento operoso, perché è importante
Il modello F24 non si usa solo per l’IRPEF ma per il pagamento di quasi tutti i tributi e le imposte da versare. Il caso della nostra lettrice, cioè di versamenti in ritardo come detto finisce con il far aumentare l’esborso. Ma chi non c’è la fa a pagare, non ha alternative al ritardo. Questo deve essere chiaro a tutti. Va detto comunque che c’è uno strumento che consente di evitare di pagare sanzioni e interessi troppo elevati. Lo strumento si chiama ravvedimento operoso e consente di mettersi in regola, pagando poco di maggiorazione.
Uno strumento che fa parte di quelle iniziative che lo stato chiama di “compliance” nel senso che è lo stesso contribuente a mettersi in regola prima che la situazioni degeneri negli accertamenti, nelle cartelle esattoriali e infine nelle procedure di esecuzione forzata come sono pignoramenti, confische e fermi amministrativi. Importante utilizzare il ravvedimento operoso, soprattutto per chi ha difficoltà momentanee nel pagamento.
Come si calcola la maggiorazione con il ravvedimento operoso
Il calcolo del ravvedimento operoso è basato su un unico fattore e cioè sui giorni di ritardo rispetto alla scadenza originaria di un modello F24. Nello specifico bisogna aggiungere a ciò che si doveva pagare in origine:
- 0,1% se il pagamento avviene entro 14 giorni dalla scadenza;
- 1,5% per pagamento rinviato tra 15 e 30 giorni dalla scadenza;
- 1,67% per pagamento entro 90 giorni dalla scadenza;
- 3,75% se il pagamento avviene entro 12 mesi dalla scadenza;
- 5% se il pagamento avviene entro 24 mesi dalla scadenza.
Inserire le maggiorazioni del ravvedimento operoso è fondamentale per far si che si chiuda subito la pendenza con il Fisco italiano.