Nelle ultime settimane, il mercato sovrano italiano è stato beneficiato da un rally globale dell’obbligazionario. Lo spread si è ristretto ai minimi dal maggio scorso per il tratto decennale. È ripresa così l’attenzione degli investitori verso le scadenze più lunghe, che in una fase di tassi calanti sono quelle che offrono i rialzi maggiori. Una di esse è il BTp a 30 anni, scadenza 1 settembre 2052 e cedola 2,15% (ISIN: IT0005480980). Il bond fu emesso dal Tesoro agli inizi di gennaio. Riscosse un buon successo al suo debutto, tant’è che il tasso d’interesse spuntato risultò relativamente contenuto.
Di fatti, il BTp a 30 anni ha visto contrarsi quasi incessantemente la quotazione. Il punto più basso è stato toccato nel mese di ottobre, quando scese sotto 60 centesimi. Ieri, viaggiava a poco meno di 71. Il recupero c’è stato, ma restiamo lontani dai livelli iniziali. Il bilancio resta negativo di quasi il 30%.
Attualmente, il BTp a 30 anni offre un rendimento in area 3,80%. Esso è dato in buona parte dalla plusvalenza realizzata alla scadenza, quando il capitale sarà restituito alla pari. Quanto alla cedola, il suo tasso netto effettivo risulta essere intorno al 2,65%. Si ottiene scomputando la tassazione del 12,50% e rapportando il tasso netto alla quotazione. Questo rappresenta per l’obbligazionista il rendimento immediato, cioè incassato anno dopo anno fino alla scadenza o all’eventuale disinvestimento anticipato.
BTp a 30 anni, esempio di acquisto
Acquistando il BTp a 30 anni oggi, il costo sarebbe di 708,50 euro per ogni 1.000 euro di investimento nominale. Ogni sei mesi, il Tesoro ci staccherebbe una cedola netta pari a 15,68 euro. E così fino all’1 settembre 2052, quando riscuoteremmo i 1.000 euro. La differenza di 291,50 euro rispetto all’esborso equivarrebbe alla plusvalenza realizzata, pari ad oltre il 41%. Non è detto che dovremmo attendere così a lungo per recuperare il capitale.
Ma la rivendita ci espone ai prezzi di mercato. Se più alti dei prezzi di ingresso sul mercato, il bilancio sarà positivo. E possibilmente anche più favorevole del rendimento attuale alla scadenza. Immaginate di riuscire a rivendere il BTp a 30 anni a 80 centesimi tra due anni. Il margine lordo incassato sarebbe del 13,5%, pari al 6,5% annualizzato. Ed esso si aggiungerebbe a cedole lorde per oltre il 6% del valore sborsato nel frattempo ricevute.
Addirittura, potremmo persino assistere a una risalita dei prezzi sopra la pari. Alle attuali condizioni di mercato sembra uno scenario remoto. E, però, nell’estate dello scorso anno il rendimento del BTp a 30 anni risultava inferiore all’1,60%. Dunque, se tornassimo a simili condizioni monetarie, non sarebbe più folle ipotizzarlo. Ad ogni modo, limitandoci ad immaginare un investimento da cassettista, il rendimento offerto dal bond sarebbe più che sufficiente a coprire l’inflazione attesa nel medio-lungo periodo.