Nel primo semestre dell’anno, il costo del debito pubblico italiano ha continuato a diminuire. La spesa per interessi del Tesoro è scesa, infatti, di 140 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ma inutile illudersi che questo trend possa proseguire. Nel mese di giugno, il rendimento medio ponderato dei nostri titoli di stato è schizzato al 2,789%, nuovo record dall’ottobre 2018. In pratica, siamo sui massimi vissuti negli ultimi anni sotto il governo “giallo-verde”. Solo che allora il boom era legato alle tensioni politiche tra Roma e Bruxelles sul deficit, mentre adesso hanno a che fare con l’alta inflazione, che a sua volta costringe la BCE ad alzare i tassi.
E pensare che a dicembre il rendimento medio ponderato per i BTp fosse dello 0,55%. Da allora, il rialzo ha superato il 2,20%. Considerando che alla fine di giugno la montagna dei titoli di stato in circolazione ammontasse sui 2.300 miliardi, sarebbe come dire che, a regime, il costo del debito pubblico ogni anno per noi italiani salirà ad almeno 64 miliardi per la sola quota legata ai bond. Era inferiore ai 14 miliardi a fine 2021.
Costo del debito a +50 mld a regime
In altre parole, di questo passo il costo del debito annualmente salirebbe di una cinquantina di miliardi. Entro quanti anni? La durata media ponderata dei titoli di stato in circolazione supera i 7 anni. Questo significa che dovremmo attendere un arco temporale di questo tipo per vedere dipanati gli effetti del rialzo dei rendimenti di questi mesi. Ma ovviamente il conto finale potrebbe risultare più elevato, nel caso in cui i rendimenti continuassero a salire e rimanessero alti a lungo. E, al contrario, risulterebbe più basso nel caso in cui ripiegassero già tra alcuni mesi o qualche anno al massimo.
E per fortuna il secondo scenario appare più probabile del primo, a meno di cattive notizie specifiche sull’Italia.