Il prolungato uso dello smart working a causa della pandemia e la prospettiva di continuare a lavorare con le stesse modalità lavorative nel prossimo futuro preoccupa maggiormente gli under 30.
È quanto emerge dalla ricerca commissionata da Sharp. La ricerca, condotta da Censuswide per Sharp su oltre 6.000 impiegati di piccole e medie imprese in otto Paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia, Polonia).
La ricerca mostra l’impatto generato dalla pandemia di Covid-19 sulle esigenze dei lavoratori e le loro aspettative sullo smart working.
Smart working aumenta il benessere dei lavoratori
Per il 48,7% degli intervistati, si legge in una nota, in cima alle priorità professionali di questa emerge la certezza della continuità lavorativa. Al secondo posto (46,2%) la possibilità di usufruire di strumenti tecnologici adeguati per lavorare in smart working.
Cambia anche il rapporto rispetto al datore di lavoro. Per la maggior parte degli intervistati (41,7%) ciò che viene maggiormente apprezzato non è tanto lo stipendio più o meno alto che è in grado di corrispondere, ma il modo in cui tratta i dipendenti.
Il 40,7%, invece, considera essenziale come il datore di lavoro provveda al supporto fisico e psicologico dei dipendenti. Rispetto a questo ultimo punto, il 46% degli intervistati dichiara che il benessere dei lavoratori in smart working dipenda essenzialmente dalla possibilità di avere orari flessibili.
Per il 44,2% il benessere è strettamente collegato all’apprendimento di nuove competenze tramite la formazione on line/workshop. Il 36% dichiara, invece, che i benefit e vantaggi finanziari (ad es. prestiti senza interessi) siano alla base del benessere dei lavoratori a distanza.
Meno sedi fisiche e uffici più piccoli
Secondo gli intervistati ci saranno uffici più piccoli e saranno usati per incontri e riunioni, molte aziende non avranno una sede fisica ma piuttosto più filiali delocalizzate.
Mentre solo il 16,6% opterebbe per il lavoro full time in smart working. Le competenze più richieste saranno la capacità d’innovare e la creatività, per il 51,6% degli intervistati. Per il 46% l’attitudine al problem solving e alla collaborazione.
Smart working e certezza del lavoro
La certezza della continuità lavorativa rappresenta la priorità per la maggior parte degli under 30 (43,9%). Per circa il 34% di loro la certezza di fare carriera e la garanzia di un lavoro sicuro è la maggiore preoccupazione.
Il 60% degli under 30 è tuttavia d’accordo nel sostenere che il lavoro da remoto (smart working) abbia migliorato la produttività e consenta di bilanciare il rapporto con la propria sfera privata. Tuttavia,
il 56% dei dipendenti under 30 sostiene che con il lavoro da remoto sia più difficile rimanere informati su quanto accade in azienda.
Mentre la maggior parte degli intervistati, circa il 47%, afferma che è difficile mantenere il giusto livello di motivazione. Rispetto alle dotazioni che dovrebbe dare il datore di lavoro per garantire maggior efficienza ai propri dipendenti, per circa il 44% degli under 30 c’è la possibilità di acquisire nuove competenze attraverso corsi on line o workshop aziendali.
Più produttività lavorando da remoto
Non molto diversa la situazione per i “colleghi” europei che lamentano una sentita preoccupazione per la carriera. Oltre il 50% di loro, infatti, sostiene di provare una sensazione di angoscia pensando al futuro del lavoro al lungo termine. Anche in questo caso, sono diversi gli aspetti che danno ansia. Come la mancanza di formazione, di opportunità di carriera, difficoltà nel mantenere aggiornate le proprie competenze.
Quanto agli under 30 europei, il 51% di loro ritiene che lo smart working abbia migliorato la loro produttività e che la tecnologia abbia consentito di svolgere il lavoro in modo più efficace (63%).