L’ex patron del noto gruppo tessile di Isernia è indagato per bancarotta fraudolenta per 61 milioni di euro. Sequestrati beni di lusso, ville, yacht, conti correnti, per soddisfare centinaia di creditori fra cui gli obbligazionisti
E’ finito in carcere con l’accusa di bancarotta fraudolenta per oltre 60 milioni di euro Tonino Perna, ex patron della It Holding. Insieme a lui, sono state indagate una ventina di altre persone che ebbero un ruolo attivo nella gestione della società molisana. Si conclude così la storia imprenditoriale di un uomo che aveva fondato un impero dell’abbigliamento da 700 milioni di fatturato e più di 2.500 lavoratori, ma che si reggeva su troppi debiti e promesse di redditività mai mantenute.
Il noto gruppo tessile molisano, che raggruppava prestigiosi marchi di alta moda distribuiti in tutto il mondo, quali Malo, Ittierre, Ferrè, Romeo Gigli, Dolce & Gabbana, franato tre anni fa sotto una montagna di debiti, adesso non esiste più. E’ stato smembrato e venduto a pezzi qua e là dai commissari nominati dal Ministro Scaiola per soddisfare i crediti privilegiati delle banche che all’epoca valevano più di 440 milioni di euro ripartiti fra le varie società che facevano capo a Perna. Soldi recuperati solo in parte e che nelle casse dell’ex gruppo di Isernia non ci sono e forse non ci sono mai stati, dato che i bilanci venivano sistematicamente gonfiati per ottenere sempre più prestiti dagli istituti di credito. Ragion per cui, il Tribunale di Isernia ha proceduto adesso al sequestro di beni (ville di lusso, alberghi, yacht) e conti correnti nella disponibilità di Perna allo scopo di assicurare alle banche e, più in generale ai vari creditori, il recupero delle enormi somme di denaro a suo tempo prestate e abilmente distratte dal bilancio della It Holding con la collaborazione di altri professionisti che sono stati prontamente denunciati.
Obbligazioni It Holding 9,875% per comprare il brand Gianfranco Ferré
Gran parte di questi fondi che le fiamme gialle stanno ancora cercando, provenivano anche dalla quotazione in borsa del gruppo It Holding (circa 106 milioni di euro) e dal collocamento del bond It Holding Finance 9,875% 15/11/2012 da 185 milioni di euro nel 2004 (Isin: XS0203896567) che richiamò l’interesse di molti investitori.
Sull’onda del successo degli anni 2003-2004, dopo aver portato alla ribalta grandi nomi dell’alta moda italiana, It Holding collocò tramite Merrill Lynch e Banca IMI un bond ad alto rendimento con lo scopo di raccogliere 150 milioni presso investitori istituzionali e rifinanziare debiti in scadenza. In realtà, però, occorreva coprire l’esborso che It Holding aveva sostenuto (182 milioni) per l’acquisizione di Gianfranco Ferré nel 2002 valutandola il 20% in più di quanto realmente potesse valere. Non a caso furono poi abilmente raccolti 35 milioni aggiuntivi dalle banche collocatrici offrendo ai sottoscrittori uno sconto di quasi il 4% sul prezzo iniziale. Ma nessuno ci fece caso al momento anche perché con Ferré era facilmente prevedibile che il giro d’affari si sarebbe allargato. Le preoccupazioni cominciarono però a saltar fuori quando l’agenzia internazionale Standard & Poor’s nel Luglio del 2006 iniziò a mettere sotto osservazione il rating della società (B-) sul debito a lungo termine con implicazioni negative per il futuro. Seguì la raccomandazione a vendere da parte degli analisti di Euromobiliare (oggi Equita Sim) con il rendimento del bond che passò dal 9% al 12% in una sola settimana. I fondi iniziarono gradualmente a uscire mentre gli investitori retail, meno informati, compravano pensando si trattasse di un’occasione, anche perché a quel tempo la stampa meno specializzata parlava bene di It Holding.
It Holding: bilanci taroccati e somme distratte a fini personali
Benché il 2007 si chiuse in utile, da un’attenta analisi di un report della stessa It Holding di nove mesi prima, emergeva chiaramente come un sacco di soldi fossero regolarmente corrisposti agli stilisti sottoforma di pagamenti di royalties per i marchi in uso dalla società molisana.
Somme esagerate – faceva notare un attento analista – che probabilmente nascondevano distrazioni di denaro finito poi nelle tasche di Perna secondo triangolazioni che avvenivano fuori bilancio. Non a caso, il debito lordo si gonfiò l’anno dopo fino a sfondare il tetto degli 800 milioni di euro a fronte di un patrimonio netto di soli 134 milioni con leverage insostenibile (6x) per un’azienda che aveva margini dell’ordine del 6-7%. E se solo il magazzino del gruppo fosse stato svalutato correttamente, come è fisiologico fare in aziende del settore abbigliamento al termine di un periodo che va dai 18 ai 24 mesi, non si sarebbe arrivati a tanto. Quindi i bilanci erano palesemente gonfiati e chi doveva vigilare sulla loro redazione non lo fece. Ma Perna, ormai alle corde anche per via delle crisi che era partita dai mutui subprime americani nell’estate del 2007 e che stava cominciando a incidere sul fatturato del gruppo tessile, taroccò anche il bilancio dell’anno seguente, l’ultimo della sua “gloriosa” avventura imprenditoriale sopravvalutando di almeno dieci volte i valori dei marchi più noti, quali Malo e Ferré, con l’evidente scopo di trovare in fretta e furia un compratore per rimettere a posto i conti del gruppo.
It Holding in amministrazione straordinaria da tre anni
Ma, a parte fantomatiche trattative con un fondo di investimento cinese (Hembly International Holding) per cedere il marchio Ferré e alcune importanti licenze, la situazione precipitò e gli stilisti cominciarono a non essere più pagati (Cavalli andò su tutte le furie). Anche la PA Investmets SA, creatura lussemburghese che faceva capo a Perna e che controllava il 60% della It Holding stava affondando sotto il peso di 140 milioni di debiti di cui non riusciva a rientrare per via del crollo del titolo in borsa. Agli inizi di Febbraio del 2009, le azioni di It Holding furono sospese da Borsaitaliane e il bond andò in default un mese più tardi, quando il tribunale di Isernia decretò lo stato di insolvenza del gruppo dell’abbigliamento per 600 milioni di euro.
185 milioni di euro in obbligazioni andarono in fumo e per molti risparmiatori fu una doccia gelata, anche perché fino all’ultimo erano stati indotti a credere che una soluzione per la copertura delle ingenti perdite stava per essere raggiunta con i cinesi. Un salvagente che però non arrivò in tempo perché Efibanca (gruppo BP), azionista di It Holding col 3% del capitale ed esposta con 155 milioni di crediti, non rinnovò la scadenza di un prestito da 9,4 milioni a It Holding costringendola a chiedere l’ammissione alla procedura fallimentare prevista dalla legge Marzano. In cassa, infatti, non era rimasto più un centesimo a fronte di debiti astronomici (in compenso Perna si era triplicato lo stipendio da presidente del CdA).
Obbligazionisti It Holding verso la causa civile
A distanza di tre anni, la hondig, com’era prevedibile è stata smembrata e suoi pezzi più famosi venduti (Ittierre ad Albisetti, Ferré agli arabi Sankari, Malo a una società di ex manager Prada). I creditori privilegiati, cioè le banche che avevano prestato i soldi a Perna, sono stati solo parzialmente soddisfatti dalla procedura straordinaria, ragion per cui si è reso necessario per il Tribunale procedere con il sequestro preventivo di beni e conti correnti nella disponibilità dell’ex numero uno di It Holding. Il lavoro dei commissari non è ancora terminato e a breve sarà comunicato quanto è stato recuperato dalla vendita e dalla gestione dell’ex gruppo dell’abbigliamento molisano. Tuttavia è facilmente intuibile che per i creditori senior non ci sono disponibilità in cassa. Il bond, scambiato sul mercato grigio (vedi grafico sopra), vale infatti il 2% del nominale lasciando intendere che il credito vantato dagli obbligazionisti vale giusto il pezzo di carta su cui è riportato. Per costoro l’unica speranza è solo quella di poter recuperare qualcosa in fase di liquidazione dei beni sequestrati a Perna da parte del Giudice penale quando e se ci sarà una sentenza di condanna. Allo scopo, occorrerà che i creditori, quali parti lese, si costituiscano parti civili al processo per vedersi riconoscere un eventuale ed escutibile credito, sulla falsariga di quanto avvenuto più recentemente per gli obbligazionisti Parmalat.