Italia prima del G7. Per una volta ogni tanto, non solo non siamo fanalino di coda, ma ci aggiudichiamo la medaglia d’oro. L’ISTAT ha rivisto al rialzo la crescita economica nel primo trimestre: +0,6% rispetto al trimestre precedente e +1,9% su base annua. La lettura preliminare aveva esitato rispettivamente +0,5% e +1,8%. La contrazione dello 0,2% nell’ultimo trimestre del 2022 è stata abbondantemente superata. Ad avere trainato il PIL, si legge nella nota, è stata la domanda interna, cioè i consumi delle famiglie, gli investimenti e la spesa pubblica.
Ripresa PIL con affievolirsi crisi energia
A questo punto, la crescita economica acquisita nel nostro Paese è dello 0,9%. Questo significa che il PIL crescerebbe di tale percentuale nell’intero 2023 nel caso in cui non registrasse alcuna variazione congiunturale fino alla fine dell’anno. Cresce, dunque, l’ottimismo attorno allo stato di salute dell’economia italiana. In effetti, la ripresa rampante del 2021-2022 seguita alla pandemia era stata brevemente interrotta dalla crisi dell’energia. Ma questa sembra essere rientrata, tanto che in settimana il prezzo del gas è sceso sotto 24 euro per Mega-wattora. Nell’agosto scorso era salito al record storico di 340 euro.
Non solo gli effetti positivi del crollo dei prezzi energetici si materializzeranno ulteriormente nei prossimi mesi, c’è da mettere in conto anche la ripresa già in corso della bilancia commerciale. Le esportazioni nette stanno risalendo per effetto del crollo del valore delle importazioni e l’aumento delle vendite all’estero. Di aiuto già nel secondo trimestre vi sarà il turismo, che quest’anno in Italia dovrebbe registrare una performance molto positiva. Non ci sono più da nessuna parte restrizioni anti-Covid, per cui i flussi turistici transnazionali sono attesi in forte crescita.
E a maggio è tornata a scendere l’inflazione: dall’8,2% al 7,6%, riportandosi ai livelli di marzo. La notizia è positiva, perché segue la giusta direzione dopo il dato di aprile.
Crescita economica su, possibili margini di bilancio
C’è un effetto collaterale “desiderato” in questo dato. Il governo Meloni ha alzato dal 4,1% al 4,8% la sua stima sul deflatore del PIL. Si tratta dell’inflazione al netto della componente relativa alle importazioni. Più alto il deflatore, più alto il PIL nominale. Ciò avrebbe due implicazioni positive per i conti pubblici: ridurrebbe il rapporto tra debito e PIL e aumenterebbe il gettito fiscale. E l’anno scorso, quando l’inflazione media fu dell’8,1%, il deflatore risultò solo del 3%. Ciò fu dovuto al fatto che il boom dei prezzi era legato ancora esclusivamente al caro energia, cioè alle importazioni. Quest’anno, la dinamica riguarda essenzialmente il resto del paniere, come dicevamo, vale a dire che andrà a “gonfiare” il deflatore. Ne risulterebbero possibili ulteriori margini di bilancio a disposizione del governo o per ridurre il deficit o per finanziare misure di sostegno alla crescita economica.
In occasione della presentazione delle Considerazioni finali, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha parlato di attese sul PIL superate, ma messo anche in guardia sulla necessità di ridurre l’inflazione con uno sforzo congiunto di imprese, lavoratori e governo. Ha fatto appello, in particolare, alle prime perché trasmettano ora i cali dei costi sui listini.