Axel Kicillof, il governatore della provincia di Buenos Aires, ha rinviato al 31 gennaio il termine ultimo fissato per l’ultimatum ai creditori del bond 2021. Entro la fine del mese, dovranno decidere se accettare o meno la proposta di rinviare il pagamento di 250 milioni di dollari in scadenza dopodomani all’1 maggio. Il “roll-over” sarebbe, quindi, di soli tre mesi, eppure le implicazioni che ne derivano sono tante. Il ministro delle Finanze della provincia, Pablo Lopez, ha spiegato mercoledì sera che “ad oggi abbiamo ricevuto il sostegno di un numero significativo di obbligazionisti e continueremo a dialogare con gli investitori istituzionali, la cui partecipazione ci consentirà di centrare il risultato”.
Bond Argentina, timori di default e oggi scadenza fatale per i creditori
Affinché la ristrutturazione possa realizzarsi, è necessario che venga approvata da almeno il 75% degli obbligazionisti. In caso contrario, o Buenos Aires provvede al pagamento o qualsiasi azione diversa verrebbe considerata un evento creditizio, cioè scatterebbe il default. La provincia ospita il 40% della popolazione argentina, risultando di gran lunga la più grande del paese sudamericano. Quanto alle condizioni del bond 2021, le clausole consentono all’emittente di godere di un periodo di grazia di 10 giorni per il pagamento del capitale e di 30 giorni per gli interessi, senza che scatti formalmente il default.
I mercati non l’hanno presa bene, se è vero che le negoziazioni “over the counter” del bond hanno esitato l’altro ieri un crollo del 3,5%. In effetti, esiste una duplice interpretazione dell’estensione della scadenza fissata da Kicillof per i creditori. Da un lato, possiamo ben affermare che il governatore non avrebbe l’intenzione di arrivare a soluzioni drastiche con l’annuncio di azioni unilaterali. Dall’altro, però, il rinvio sarebbe il segnale che quel 75% di consenso richiesto per la ristrutturazione non sia stato trovato in tempo e se questo non accadesse da qui ai prossimi 8 giorni, difficilmente Buenos Aires provvederà ad onorare la scadenza, semmai dichiarerà default.
Brutto segno per i bond argentini
E sarebbe un cattivo presagio per i 100 miliardi di dollari di obbligazioni sovrane dell’Argentina, sulle quali il governo peronista di Alberto Fernandez intende trovare un accordo con i creditori per una ristrutturazione, magari in forma solamente di allungamento delle scadenze. Non a caso, Lopez ha fatto riferimento agli “investitori istituzionali”, sollecitandone l’adesione alla richiesta di Buenos Aires, essendo i principali titolari del bond. Tutti sanno che la provincia non è nelle condizioni di poter pagare, ma nessuno vuole commettere l’errore di avallare accordi che non contemplino soluzioni credibili agli occhi dei creditori. Il solo rinvio di tre mesi del pagamento dei 250 milioni appare insensato, per cui il mercato attende di capire a cosa eventualmente stia andando incontro anche con riferimento alle altre obbligazioni provinciali, oltre che sul piano nazionale.
Senza un accordo entro fine marzo, come richiesto da Casa Rosada, il rischio reale per i creditori esteri consiste nel subire la forma più gravosa di ristrutturazione: il taglio nominale dei bond o “haircut”. Il ministro delle Finanze, Martin Guzman, lo esclude, puntando al “roll-over”, ma anch’egli ha avvertito che senza un ritorno alla crescita economica, il debito diverrebbe insostenibile, cioè andrebbe tagliato.
L’Argentina torna ai vecchi mali del peronismo per combattere la crisi dell’economia