Il caso Stellantis dopo Volkswagen accende ulteriormente i fari sulla grave crisi dell’auto in Europa. Le quattro ruote non si vendono, ci sono stati ingenti investimenti sulla linea elettrica e il rientro nei costi non si vede neanche col cannocchiale. I prezzi sono esplosi e le famiglie non possono permettersi un nuovo acquisto, per cui ripiegano sul mercato dell’usato, dove i valori sono naturalmente ancho’essi impazziti. E’ la conseguenza del Green Deal dell’Unione Europea, che sta avendo l’effetto paradossale di allungare la vita media delle auto in circolazione, rallentando l’abbattimento delle emissioni inquinanti.
Nuova Commissione, nuove alleanze
Ma a Bruxelles l’aria è cambiata. La neonata Commissione bis di Ursula von der Leyen non è per niente la fotocopia della prima. La presenza dei socialisti è stata ridimensionata e nella compagine sono entrati persino i conservatori. All’italiano Raffaele Fitto è stata affidata la vicepresidenza esecutiva con delega ai fondi UE. Sovrintenderà all’erogazione di centinaia di miliardi di euro di prestiti agli stati comunitari. Alla sinistra non è andata giù e parte di essa ha votato contro la Commissione, tra cui i socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz.
La crisi dell’auto è il banco di prova dei nuovi equilibri in seno all’Europarlamento. Il Partito Popolare ha adottato l’approccio delle “maggioranze variabili”. In Italia, chi ricorda i tempi della Dc al governo sa che mezzo secolo fa la definivamo la “politica dei due forni”. Il gruppo guidato da Manfred Weber vuole sganciarsi dall’alleanza con i socialisti e i Verdi, giudicati iper-ideologizzati, specie sui capitoli legati alla transizione energetica.
Non solo tecnologia elettrica
Per questo, Weber guarda a destra e il suo legame con il governo Meloni è strettissimo. Ad esso si deve il successo insperato sulla nomina di Fitto. A Roma ridevano di questa operazione, mentre ha mandato in crisi la sinistra.
Quanto alle sanzioni, l’idea sarebbe di sospendere per l’anno prossimo. In ogni caso, il gettito andrebbe a finanziare il potenziamento delle infrastrutture per agevolare la transizione del comparto (colonnine di ricarica, ecc.). Un cambio di approccio sul quale concorda perfettamente la premier Giorgia Meloni. Da tempo chiede di non impuntarsi sul solo elettrico, bensì di valutare ogni altra alternativa ai combustili fossili. Questa linea raccoglie i consensi di popolari e l’ampio fronte di destra. Essa mira ad evitare che l’industria europea dipenda eccessivamente dalla Cina, che è di gran lunga la produttrice di batterie per auto elettriche, segmento di mercato che ormai domina quasi incontrastata.
Crisi auto, si cambia dal 2025
Chi invocava la maggioranza Ursula per tagliare fuori proprio la destra al governo, è rimasta spiazzata. E’ a sinistra che cresce il disagio, tanto da fare dire nei giorni scorsi alla segretaria del PD, Elly Schlein, di non sentirsi del tutto rappresentata dalla nuova Commissione. Le parti si sono rovesciate. La crisi dell’auto richiede soluzioni non ideologiche e la sinistra ha forzato la mano puntando sull’ideologia, un po’ perché ci crede e un po’ perché pensava che questo approccio avrebbe dovuto demarcare il confine tra forze politiche legittimate a governare ed altre tacciate di qualcosa simile alla stregoneria. Dopo Natale all’Europarlamento sarà la prova del nove. Con i governi di Germania e Francia allo sfascio, la sinistra sarà verosimilmente messa in minoranza.