Nei primi otto mesi dell’anno, la raccolta delle banche italiane è diminuita di 38 miliardi, scendendo a 1.659,4 miliardi alla fine di settembre, a conferma della crisi di fiducia diffusasi tra i risparmiatori italiani, a seguito del crac di quattro istituti minori quasi un anno fa e della tempesta finanziaria, che ha dimezzato quest’anno i titoli bancari in borsa. Se in termini percentuali, il calo della raccolta è pari solo al 2,2% e ha riguardato essenzialmente la sottoscrizione delle obbligazioni, non intaccando i conti correnti e deposito, in valore assoluto siamo dinnanzi a cifre non indifferenti.
Il +6,5% segnato dalla raccolta postale nei primi sei mesi dell’anno a oltre 250 miliardi confermerebbe la tendenza in atto tra gli italiani, ovvero di allentare il rapporto con le banche e di tornare ad affidarsi ai quasi 14.000 uffici di Poste Italiane, considerate molto più sicure, essendo controllate ancora al 65% dallo stato.
Poste sicure?
E’ davvero così? In genere, è il piccolo risparmiatore ad affidare il suo denaro agli uffici postali, ma paradossalmente non sono in tanti a sapere che Poste non aderisce al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, che garantisce i conti bancari fino a 100.000 euro. Vero è che la società ha accantonato capitale per un miliardo di euro, al quale si aggiungono altri 400 milioni del Tesoro, che verrebbero impiegati nel caso di bisogno per tutelare i clienti, ma a fronte di più di 250 miliardi di raccolta, sarebbero un nonnulla.
Tuttavia, va fatta una precisazione. Poste Italiane non è un operatore del credito nel senso classico del termine. Essa si limita a raccogliere denaro tra la clientela e a farlo investire o da altre banche o fondi o dalla Cassa depositi e prestiti.