L’Assemblea della Lega di Serie A è stata ieri la dimostrazione più lampante di come l’orchestra possa continuare a suonare su una nave che affonda. La crisi del calcio italiano è sotto gli occhi di tutti per le ragioni che sappiamo, eppure le società coinvolte continuano a comportarsi come se disponessero di tutto il tempo di questo mondo per fregarsene. Ieri, la riunione era stata convocata per decidere sullo “spezzatino” delle partite di Serie A. L’ipotesi sarebbe di non far disputare dal prossimo campionato alcuna partita in contemporanea.
Al voto, 13 sono state le società favorevoli e 6 contrarie (Roma, Sampdoria, Genoa, Bologna, Sassuolo e Spezia). Ma meno di una ventina di minuti più tardi, la decisione era revocata. Cos’è successo? La riunione era iniziata già nel peggiore dei modi. Il presidente della Lazio, Claudio Lotito, aveva cercato di bloccare l’avvio dei lavori per un vizio di forma. Infatti, la Lega non aveva invitato la Salernitana, squadra di cui Lotito è presidente e che quest’anno è salita in Serie A. Il regolamento federale parla chiaro: due società non possono avere la stessa proprietà. E Lazio e Salernitana non potrebbero, quindi, giocare nella stessa categoria, a meno che una delle due cambi proprietà.
Superato l’ostruzionismo iniziale, la proposta dello spezzatino era stata approvata. Senonché i presidenti delle società contrarie hanno ottenuto il rinvio di una settimana. A che pro? Lamentano che il nuovo format di Serie A garantirebbe a DAZN benefici senza che le società ottengano nulla in cambio. L’operatore streaming si è aggiudicato tutte le partite, di cui 3 in condivisione con Sky. In tutto, i club percepiranno 927 milioni di euro a stagione per il prossimo triennio. Siamo a meno di quanto atteso e anche della precedente asta sui diritti TV, sebbene il mancato pagamento della maxi-commissione a Infront nella qualità di advisor porti il saldo appena in positivo.
Crisi del calcio e soluzioni rinviate
Per espressa dichiarazione del presidente del Cagliari, Tommaso Giulini, la crisi del calcio italiano sarebbe così grave, che senza aiuti dello stato si rischia lo stop al prossimo campionato. Ma se è vero, non si capisce perché mai la Lega di Serie A continui a comportarsi come se fossimo negli anni d’oro dello spandi e spendi. In aprile, ad esempio, è stata bloccata la decisione di creare una media company con la partecipazione di fondi privati al 10% del capitale. L’offerta arrivata era stata di 1,6 miliardi di euro per 10 anni. Soldi, che i club hanno buttato dalla finestra per ragioni rivelatesi poco accorte.
Juventus e Inter, che insieme al Milan si erano già accordate per lanciare la Superlega, hanno votato contro e la loro opposizione è risultata determinante per far naufragare il progetto. Adesso, le due big sono rimaste senza Superlega e senza quel preziosissimo denaro fresco, che sarebbe entrato nelle loro casse, così come in quelle delle rivali, già da questi mesi.
Nel frattempo, la Lega ha approvato il rinvio dei pagamenti per gli stipendi di marzo, aprile, maggio e giugno. Un’altra farsa contabile, dato che servirebbe semplicemente a rinviare al prossimo bilancio le passività, non certo a risolvere strutturalmente alcunché. E se l’Inter punta a chiudere il calciomercato estivo con un saldo netto di 80-100 milioni, la Juventus dovrà decidere se tenere in rosa Cristiano Ronaldo per un quarto e ultimo (inutile?) anno, oppure se monetizzarlo con una cessione anticipata. Il Milan, invece, ha già dovuto fare a meno di Gigio Donnarumma, che assistito dal procuratore Mino Raiola pretendeva un rinnovo contrattuale insostenibile. Il nostro campionato perde pezzi e resta a corto di prospettive. Ma in Assemblea di Lega si litiga come se i denari ci fossero ancora in abbondanza per tutti.