Era stata messa in secondo piano durante la pandemia, ma adesso che il mondo tenta di tornare alla normalità Greta Thunberg si riprende la scena e infiamma le piazze di giovani e giovanissimi sulla crisi del clima e la lotta ai cambiamenti climatici. Definisce “bla bla bla” le promesse dei politici su questi temi. Peccato che lo sia anche il suo. La diciottenne svedesina dalle ottime intenzioni dovrebbe studiare di più e blaterare di meno su argomentazioni che segnala di conoscere per cliché.
Crisi del clima, date a Greta questi numeri
Di seguito, vi riportiamo un elenco che sintetizza buona parte delle ragioni per le quali Greta Thunberg risulta avere torto. In esso sono riportate le variazioni di CO2 tra il 2009 e il 2019 per i seguenti stati e tra parentesi le quote sul totale mondiale:
- Cina +31% (27,9%)
- USA -3,8% (14,5%)
- India +62% (7,2%)
- Russia +10% (4,6%)
- Giappone -4,8% (3%)
- Germania -11,1% (1,9%)
- UK -25% (1%)
- Francia -15% (0,9%)
- Italia -20% (0,9%)
Anzitutto, abbiamo preso in considerazione l’anno 2019, quello immediatamente precedente la pandemia, in cui le emissioni di CO2 ha seguito un andamento “normale”. Confrontando il dato con 10 anni prima, scopriamo che tutte le principali economie avanzate, più attente alla crisi del clima, hanno ridotto le loro emissioni inquinanti, con punte del 25% nel Regno Unito e del 20% in Italia. Al contrario, la Cina le ha aumentate del 31%. Sul trend avranno certamente inciso non solo le azioni dei governi per incentivare il ricorso alle energie rinnovabili, bensì pure i tassi di crescita. E chiaramente, un’economia più terziarizzata tende a inquinare di meno.
Emissioni di CO2 e popolazione
In termini di percentuali di emissioni rispetto al totale mondiale, la classifica resta guidata dalla Cina con il 28%, seguita a lunga distanza dagli USA con il 14,5%.
- Cina 18,2% (1,7)
- USA 4,3% (3,4)
- India 17,8% (0,4)
- Russia 1,9% (2,42)
- Giappone 1,6% (1,8)
- Germania 1,1% (1,7)
- UK 0,9% (1,1)
- Francia 0,9% (1)
- Italia 0,8% (1,1)
Rapportando le emissioni di CO2 per la popolazione (risultati di sopra tra parentesi), scopriamo che la Cina inquina per il 70% in più rispetto alla sua quota di abitanti, gli USA per +240%, il Giappone per +80%, la Germania per +70%, mentre Regno Unito, Francia e Italia sono attorno all’unità. Il dato più basso di ha, invece, in India, pari al -60% (rapporto 0,4).
Emissioni di CO2 e PIL
Tuttavia, il solo numero degli abitanti poco ci dice sulle potenzialità inquinanti di uno stato. Esse dipendono sostanzialmente dai livelli di produzione, alias PIL. E così, gli USA dominano con il 24,5% del PIL mondiale, seguiti dal 16,3% della Cina, mentre il Giappone si attesta a meno del 6%. In Europa, abbiamo la Germania al 4,4%, il Regno Unito al 3,2%, la Francia al 3,1% e l’Italia al 2,3%.
A questo punto, abbiamo rapportato le percentuali di CO2 con quelle del PIL e abbiamo ottenuto che gli USA vanterebbero un rapporto inferiore a 0,6, nel senso che inquinano molto meno della media mondiale, se si guarda al loro contributo in termini di ricchezza. Invece, la Cina inquina per il 70% in più, l’India per +120% e la Russia per +140%. Bene anche il Giappone con -50%, benissimo il Regno Unito a -70%, stesso dato della Francia. L’Italia si pone poco sopra a -60%, mentre la Germania segna +10%.
- Cina 16,3% (1,7)
- USA 24,5% (0,6)
- India 3,3% (2,2)
- Russia 1,9% (2,4)
- Giappone 5,8% (0,5)
- Germania 4,4% (1,1)
- UK 3,2% (0,3)
- Francia 3,1% (0,3)
- Italia 2,3% (0,4)
Crisi del clima: conclusioni
In definitiva, le emissioni di CO2 vanno inquadrate nell’insieme dei numeri dinamici relativi ai fattori demografici ed economici.