Se c’è una vittima di questa fase di turbolenze sui mercati finanziari, questo è il mercato delle obbligazioni “high yield” o anche noto come “junk” (“spazzatura”). Negli USA, ha perso ben il 13% dal 5 marzo scorso, salendo a un rendimento medio del 9,17% al 17 marzo scorso, in rialzo di ben 415 punti base in appena un mese e ai massimi da 4 anni. Le vendite hanno riguardato anche il comparto “investment grade”, con le obbligazioni con rating “BBB” ad avere segnato un rialzo di rendimento di oltre 160 bp al 4,27% in pochi giorni e persino quelle con rating “AAA”, teoricamente le più sicure, sono passate nel frattempo dall’1,79% al 2,58%.
Il tonfo del petrolio fa esplodere i rendimenti “junk”: oltre il 120% per meno di 6 mesi
Il “sell-off” generalizzato è stato sia un esplicito segnale di paura per l’emergenza Coronavirus, che sta piegando tutte le principali economie mondiali, sia la testimonianza del fatto che i portafogli d’investimento vengano liquidati per coprire le perdite del mercato azionario. Gli “high yield” scontano anche il maggiore rischio percepito, essendo tipici titoli speculativi, cioè che si acquistano di solito per scommettervi al rialzo come se fossero azioni e per percepire al contempo cedole relativamente elevate.
I crolli rappresentano sempre una ghiotta opportunità per chi intende entrare o tornare sui mercati, anche se nel caso delle obbligazioni bisogna mostrarsi un po’ più accorti, altrimenti si corre il rischio di comprare debito realmente a rischio di non essere onorato. Tenendo conto di questa premessa, ci limitiamo ad osservare che esistano attualmente alcune opportunità potenzialmente sfruttabili per ricavare valore dopo le vendite ingenti delle ultime settimane. Uno dei comparti più esposti all’emergenza Coronavirus è certamente quello petrolifero. Le quotazioni del greggio sono crollate ai minimi dal 2002, inimmaginabile fino a qualche settimana fa, segnando -60% quest’anno.
Le occasioni ghiotte
Occidental Petroleum ha visto scendere il prezzo delle sue obbligazioni con scadenza giugno 2045 e cedola 4,625% (ISIN: US674599CF00) dai 107 di fine febbraio agli 83 centesimi di qualche seduta addietro, recuperando ieri oltre il 15%, risalendo a 96,60 centesimi.
E le obbligazioni Netflix in scadenza ad aprile 2028 e cedola 4,875% (ISIN: US64110LAS51) ieri quotavano a 95,3, quasi il 13% in meno rispetto ai primi del mese, pur in lieve recupero nell’ultima seduta (+2,4%). La società distributrice di film e serie TV su internet ha emesso anche debito in euro. Il bond novembre 2029 e cedola 3,875% (ISIN: XS1989380172) quotava ieri in area 91,30 centesimi, perdendo quasi il 16% in poche sedute. In questo caso, non avremmo a che fare con il rischio di cambio.
Infine, Tesla. La casa costruttrice di auto elettriche ha perso in borsa oltre il 60% nell’ultimo mese, pagando più di altri titoli per la crisi del comparto. I suoi bond hanno seguito lo stesso destino. Il titolo “callable” nell’agosto 2025 e con cedola 5,30% (ISIN: USU8810LAA18) ha perso nell’ultimo mese poco meno del 20%, schiantandosi agli 83,50 centesimi di ieri, rendendo così il 10% annuo alla scadenza. Ma molto, molto peggio ha fatto il bond marzo 2022 e cedola 2,375% (ISIN: US88160RAD35), che in appena un mese è precipitato di quasi il 53%, passando da 280 a 132,85, pari a un rendimento di circa il -10,50%. No, non stiamo parlando di una follia, perché trattasi di un’obbligazione convertibile e che consente all’obbligazionista di impossessarsi di azioni Tesla a 327,50 dollari, quando anche dopo il crollo di questo mese, esse restano di oltre il 10% più care.
I numeri di Tesla sostengono i bond: è boom per convertibili e “callable”