Rischio politico elevato
Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha rivinto le elezioni politiche di due domeniche fa, ma senza che il suo Partito Popolare abbia guadagnato la maggioranza assoluta dei seggi. Per questo servirà una coalizione di larghe intese, che comprenda almeno popolari e socialisti. Tuttavia, l’austerità formalmente divide gli elettorati e il Psoe non potrebbe permettersi di appoggiare pubblicamente un governo, che si ponga quale obiettivo il veloce risanamento dei conti pubblici su ordine dei commissari, rischiando una fuga dei consensi a sinistra e in favore dei populisti di Podemos.
Infine, c’è una questione irrisolta e che rappresenta, in verità, la vera ragione dello scontro all’interno della stessa Commissione: il trattamento di presunto favore ricevuto in questi ultimi due anni da Italia e Francia. Roma ha usufruito del massimo della flessibilità fiscale possibile, avendo “strappato” a maggio l’utilizzo di 13 miliardi di euro, in cambio di riforme, ma in presenza di un rapporto tra debito e pil a un soffio dal 133%.
Austerità o flessibilità?
Parigi ha un deficit nettamente superiore al 3% e di anno in anno rinvia l’obiettivo di scendere al di sotto di tale soglia, tanto che il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, ha lamentato nei giorni scorsi un trattamento sfavorevole ai piccoli paesi. Il riferimento era essenzialmente alla Francia, ma anche al nostro paese.
C’è molta carne al fuoco e difficilmente potrà trovarsi una sintesi che accontenti tutti. Dopo la Brexit, i commissari dovranno scegliere una volta per tutte quale linea di politica fiscale adottare: l’austerità, ma con il rischio di rafforzare le file dei populisti di Nord e Sud; la flessibilità, inimicandosi la Germania, senza il cui sostegno Bruxelles andrebbe presto in frantumi. Tutto ciò, mentre Roma pretende di salvare con soldi pubblici le sue banche.