La riunione dei ministri dell’Energia a Bruxelles di venerdì scorso si è rivelata un flop. Nessun accordo su un possibile tetto al prezzo del gas, niente di niente per cercare di risolvere la grave crisi energetica che sta affliggendo il Vecchio Continente. E’ emersa una sorta di razionamento dei consumi, che l’Unione Europea starebbe ipotizzando attraverso il cosiddetto “smart metering”: la potenza dei contatori nelle case sarebbe ridotta, particolarmente durante la fascia oraria 8-19, così da rendere impossibile l’uso contemporaneo di due elettrodomestici.
La crisi energetica indebolisce von der Leyen
Ciò dà la misura dell’estrema incompetenza della Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Essa pasticciò vistosamente nei primi mesi in cui erano disponibili le dosi del vaccino anti-Covid, non riuscendo a far rispettare alle case farmaceutiche i tempi pattuiti per le consegne delle forniture. Agli inizi del 2021, la posizione della presidente tedesca, braccio destro dell’ex cancelliera Angela Merkel, fu considerata persino in bilico. Poi, grazie anche al miglioramento della campagna vaccinale, non se ne parlò più.
Con la crisi energetica in corso, però, stanno riemergendo le debolezze di una presidenza non all’altezza dei tempi. Rispetto allo scorso anno, però, esiste ormai un’alternativa alla figura di von der Leyen. Si chiama Mario Draghi, il quale ha finito di svolgere il suo compito da premier in Italia con almeno un semestre di anticipo. Stimato in tutta Europa, anzi nel mondo, di lui si parla da tempo come possibile prossimo presidente della Commissione, ma anche segretario della NATO.
Finora, si era ipotizzato un suo trasloco a Bruxelles solo dall’estate del 2024, cioè quando arriverà a scadenza naturale l’attuale Commissione.
Draghi a Bruxelles garanzia per l’Italia
Draghi presidente della Commissione riuscirebbe anche nell’intento di garantire per l’Italia, ora che tra rialzo dei tassi BCE e crisi dell’economia europea i mercati sono tornati a mettere in dubbio la sostenibilità del suo immenso debito pubblico. Anziché tenere in agghiaccio il premier uscente per almeno un altro anno e mezzo, il suo trasloco immediato a Bruxelles servirebbe un po’ a tutti per placare la speculazione sui mercati e tentare di reagire alla crisi energetica con una squadra di commissari rinnovata.
Ma avalleranno i due grossi blocchi politici dell’Europarlamento una tale soluzione? Popolari e socialisti sono entrambi scontenti di von der Leyen. La sua nomina nacque dall’esigenza di creare al tempo un cordone sanitario attorno all’Italia, così da isolare la Lega di Matteo Salvini. Non a caso, di lì a poche settimane essa sarebbe uscita dal governo “giallo-verde”, aprendo al Conte-bis, sostenuto dal PD. Dopo le elezioni del 25 settembre, è probabile che a Palazzo Chigi entri Giorgia Meloni, a capo del gruppo ECR, i conservatori che guardano al PPE come interlocutore naturale. In sostanza, ragioni anche di ridisegnazione degli equilibri politici spingono a non escludere un ribaltone a Bruxelles. E si sa che tra Meloni e Draghi i rapporti sarebbero ottimi.