Il 2025 ha esordito con il cambio euro-dollaro ai minimi da oltre due anni. Manca poco e toccherà la parità, cosa già accaduta nel settembre del 2022, quando scese fin sotto 0,95 e ai minimi da venti anni. Questo sarebbe già un dato sul quale riflettere, ma la crisi dell’euro va oltre il semplice andamento del tasso di cambio sul mercato valutario. Questo si può sempre giustificare con motivazioni contingenti legati alla divergenza monetaria, il solito fumo negli occhi di chi capisce poco o niente di economia.
Crisi dell’euro, non solo cambio
Guardate il grafico di sotto. Il cambio euro-dollaro toccava 1,60 prima della crisi finanziaria mondiale del 2008. Vi ricordate cosa raccontavano i grandi giornali europei sempre ben avveduti del tempo? Il crac di Lehman Brothers sarebbe stata la fine della supremazia finanziaria americana, il cui modello avrebbe mostrato grossi limiti. E all’America è andata così male che da allora è cresciuta del 38,8% contro il 14,8% dell’Eurozona. E il dollaro, anziché perdere smalto, si è rafforzato contro le altre valute mondiali, mangiandosi la moneta unica.
Quando parliamo di crisi dell’euro, spesso facciamo riferimento a quanto accadde agli inizi del decennio passato con i debiti sovrani dei Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) finiti nel mirino della speculazione finanziaria. Quello fu il primo tempo di un film che a Bruxelles si ostinano a ritenere sia finito, mentre è in pieno svolgimento il secondo tempo. Diciamo pure che l’establishment europeo ha scambiato il break per comprare bibita e popcorn per i titoli di coda.
Peso dell’euro in caduta libera
Sono sconcertanti il pressappochismo e l’assenza di visione di Bruxelles.
Viceversa, il peso del dollaro è salito dal 41,51% al 57,91%. I dati si riferiscono al settembre scorso. Cos’è accaduto? La Russia è stata espulsa dallo SWIFT e mentre prima accettava pagamenti in euro per le forniture di energia, adesso questo mercato si è nei fatti azzerato. E il peso del dollaro resta preponderante anche tra le riserve valutarie mondiali. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, esso era del 59% al termine del primo trimestre e ancora del 57,39% al settembre scorso, in calo eccezionalmente dal precedente 58,24% di giugno. Il peso dell’euro è rimasto, invece, sempre attorno al 20%. Stesso livello di fine anni Novanta.
Oro vera alternativa al dollaro
Avete in mente le sanzioni contro la Russia? Esse hanno riguardato anche le sue riserve valutarie, che in gran parte erano detenute in Europa. Il mondo si è guardato intorno per trovare un’alternativa al dollaro e il primo pensiero è stato rivolto alla moneta unica. Senonché, l’Europa è risultata un’area ancora più a rischio degli Stati Uniti per i capitali provenienti da Paesi potenzialmente considerati ostili. Ed ecco che quella che sembrava un’opportunità storica si è trasformata in una crisi dell’euro, anzitutto di credibilità.
La valvola di sfogo è stato l’oro, che è passato dai 1.925 dollari l’oncia alla vigilia della guerra russo-ucraina ai 2.650 attuali, ma arrivando fino a 2.800 dollari prima delle elezioni americane di novembre. E oggi come oggi nelle transazioni internazionali l’euro incide per meno rispetto al suo stesso peso economico.
Crisi dell’euro strutturale
La crisi dell’euro sta diventando irreversibile o forse lo è già. Ma il fatto più gustoso è che i media continentali ci raccontano di una “dedollarizzazione“ in atto, quando tutti i numeri ci dicono che stia avvenendo l’esatto contrario. Che la situazione sia grave, lo svelano le forti preoccupazioni dei governi comunitari per i possibili dazi dell’amministrazione Trump ai danni delle nostre merci. Poiché siamo cresciuti poco negli anni e affidandoci unicamente alle esportazioni negli Stati Uniti, ora non sappiamo dove sbattere la testa. La caduta del cambio non è un fenomeno momentaneo, bensì strutturale. E riflette il nostro declino geopolitico, nel tentativo di arrestare il quale era nata l’idea della moneta unica.
Da tempo seguo gli articoli del Dr. Timpone e con convinzione mi sento di affermare che è uno dei pochissimi giornalisti con specialità economico/finanziaria degno di tale qualifica: la chiarezza e la puntualità delle sue osservazioni, sempre debitamente supportate, lascia al lettore la piacevole sensazione di aver proficuamente dedicato il tempo alla lettura dei suoi articoli. Un dovuto grazie e un meritato elogio per il suo ottimo e prezioso lavoro.