E se la maledizione della Germania fosse l’euro?

La crisi della Germania forse si può spiegare anche con l'euro, che potrebbe essere diventato la principale causa degli errori tedeschi.
1 mese fa
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La crisi della Germania è legata all'euro
La crisi della Germania è legata all'euro © Licenza Creative Commons

La politica tedesca è già in campagna elettorale, anche se formalmente il Bundestag sarà sciolto solo dopo che negherà la fiducia al governo di Olaf Scholz. La crisi dell’economia in Germania non va in ferie. Nel frattempo, la produzione industriale è scesa anche a novembre dell’1% mensile e del 4,5% annuale. Non c’è giorno che non si parli di licenziamenti nel settore automobilistico, non solo in Volkswagen. A peggiorare la situazione è l’assenza di un governo effettivamente con le redini in mano.

Anzi, passeranno diversi mesi prima di averne uno. Numeri alla mano, anche se vinceranno quasi sicuramente le elezioni anticipate a febbraio, i conservatori di Friedrich Merz dovranno allearsi o con i socialdemocratici o con i Verdi, se non con entrambi. Si va verso la riedizione delle coalizioni litigiose di questi ultimi anni.

Crisi in Germania, non più locomotiva d’Europa

Com’è possibile che la “locomotiva d’Europa” si sia trasformata nel malato d’Europa in così breve tempo? Non basterebbero probabilmente le oltre 700 pagine – tante quanto quelle del libro di Angela Merkel appena pubblicato – per indagare sulle cause in maniera approfondita. C’è di certo che la lunga era merkeliana (2005-2021) sia stata poco produttiva sul fronte delle riforme. Anzi, sono stati 16 lunghi anni perduti in termini di investimenti pubblici e sburocratizzazione.

Ci sono stati errori strategici impressionanti che hanno portato all’attuale crisi della Germania. Lo smantellamento delle centrali nucleari a partire dal 2011 fu voluto dalla cancelliera per contrastare l’ascesa dei Verdi nei sondaggi dopo l’incidente di Fukushima. Berlino si legò mani e piedi al gas russo, a basso costo e abbondante. Per un decennio funzionò. L’atomo venne rimpiazzato dalle importazioni di energia da Mosca. I costi di produzione rimasero bassi e le esportazioni volarono. Poi arrivarono pandemia e guerra e tutto il meccanismo s’inceppò.

I mercati sono meno aperti di prima e il gas russo non c’è più.

Rinuncia al marco tedesco dolorosa

Ma dietro alla crisi della Germania si nasconde lo spettro dell’euro. Commentando i nostri guai casalinghi, da molti anni ci raccontiamo la storia di come i tedeschi ci abbiano messi nel sacco con la moneta unica. A dire il vero, i tedeschi non volevano affatto rinunciare al loro amato marco. Furono i francesi ad imporre l’unione monetaria in cambio dell’avallo alla riunificazione tra le due Germanie. Obtorto collo, l’allora governo di Bonn dovette accettare il compromesso.

Perché la Germania non voleva rinunciare al marco tedesco? Sin dalla sua emissione dopo l’iperinflazione del 1923-’24, la moneta era stata stabile e aveva garantito bassa inflazione e tenuta del potere di acquisto. Qualsiasi rimpiazzo sarebbe stato peggiore per i tedeschi, in quanto si trattava di mettersi insieme ad economie con valute molto più deboli e instabili come la lira italiana, la peseta spagnola, la dracma greca, lo scudo portoghese e, in misura inferiore, il franco francese.

Boom esportazioni con l’euro

Tuttavia, una volta nato l’euro – siamo alla fine degli anni Novanta – la Germania seppe trasformare un male necessario in un’opportunità. L’euro si rivelò subito più debole del marco, ma ciò venne sfruttato per puntare sulle esportazioni. La Germania era in crisi dopo la riunificazione per gli ingenti costi sostenuti. Ne sarebbe uscita già con la fine dell’era Schroeder una ventina di anni fa. Divenne locomotiva dell’area a colpi di avanzi commerciali ingenti e che irritarono gli alleati. Furono la spia di un grande successo, ma anche di un adagio dell’economia su un modello impostato solamente sulle esportazioni.

I risparmi tedeschi, che tenevano bassa la domanda interna e alti i surplus della bilancia commerciale, fecero la fortuna della prima economia europea.

Ma segnarono i prodromi di quella che sarebbe diventata una nuova crisi della Germania. Le imprese smisero di innovare, disponendo di ampi mercati di sbocco per le loro merci. Lo stato si accontentò di incassare strutturalmente più di quanto spendesse, confidando che non servisse fare nulla di diverso. Gli investimenti pubblici languirono, le infrastrutture diventarono ogni anno più vetuste, la pressione fiscale rimaneva alta e la concorrenza nel settore dei servizi relativamente bassa.

Crisi Germania legata all’euro

I governi di Angela Merkel furono molto bravi a spiegare agli altri quali riforme dovessero fare per crescere. Peccato che non applicarono alla Germania le loro preziose lezioncine, finendo per provocarne la crisi al minimo cambio di contesto. Alla base di tutto c’è stato e c’è anche ora quell’adagiarsi sull’euro, profondamente più debole di quanto non sarebbe ancora oggi il marco tedesco. Insomma, l’economia tedesca è stata a lungo “drogata” da una svalutazione di fatto rispetto al marco. E per la prima volta dopo diversi decenni, la campagna elettorale sarà impostata su come stimolare l’economia e non su come preservarne la robustezza dalle scorribande dei barbari d’Europa. Anche i tedeschi scoprono il lato negativo dell’euro. Gli effetti benefici della furbizia teutonica sono stati più che compensati dalle carenze politiche interne.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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