Alla sempre più lunga e triste lista degli stati in crisi dell’Euro si aggiunge la Slovenia, che sebbene ufficialmente con il neo-premier Alenka Bratusek abbia rassicurato Bruxelles sull’intenzione di non chiedere assistenza finanziaria, è già nei guai (Crisi, Cipro e Slovenia l’inizio, altri stanno trattando aiuti e altri lo faranno).
Rendimento titoli di stato Slovenia in preoccupante crescita
Lo dimostra l’ultima asta del Tesoro, che avrebbe dovuto raccogliere 100 milioni di euro in titoli a sei mesi e un anno.
Default Slovenia: le banche sono travolte dalle sofferenze
L’economia slovena, infatti, potrebbe essere travolta dal crollo del sistema bancario. Le sue sofferenze ammontavano nell’ottobre scorso al 14,4% degli impieghi e il 20% del pil, per una cifra di 7 miliardi di euro. Una delle percentuali più alte dell’Ocse, anche se bisogna considerare che l’Italia presentava a febbraio di quest’anno sofferenze lorde al 18,6%. Il problema è che le banche slovene hanno funzionato molto male negli anni trascorsi. Il grosso del sistema bancario di Lubiana è ancora nelle mani dello stato, che lo ha utilizzato più a fini politici e clientelari che per svolgere un ruolo creditizio efficiente. Lo dimostrerebbero alcuni dati Ocse, per cui la percentuale dei crediti dubbi erogati dalle banche slovene principali e controllate dallo stato sarebbe del 30%, quasi il triplo dell’11% riscontrato per le altre banche estere. E anche un rapporto stilato dalla Commissione per la lotta alla corruzione proverebbe che molti prestiti sarebbero stati erogati sulla base di rapporti personali e politici.
Debito pubblico Slovenia: situazione meno grave dell’Italia
Per fortuna, l’attuale situazione del debito pubblico non è così critica, nonostante l’Ocse preveda lo sfondamento del 100% del pil nel 2025, e tra rifinanziamento del debito in scadenza, ricapitalizzazione delle banche e copertura del disavanzo fiscale la Slovenia dovrebbe avere bisogno di raccogliere quest’anno intorno a 3-3,5 miliardi, cioè meno del 10% del suo pil. Un rapido confronto ci fa capire quanto più grave, ad esempio, sia la situazione italiana, con il Tesoro indaffarato a rastrellare sul mercato qualcosa come 420 miliardi nel 2013, pari a circa il 26% del pil. La data fatidica per capire, però, se esistano ancora investitori volenterosi di puntare su Lubiana è giugno, quando il Tesoro sloveno cercherà di racimolare sul mercato un miliardo di euro (3% del pil), per rifinanziare il debito in scadenza. Più che la questione slovena in sé, pare che i mercati temano quanto già accaduto in Grecia e Cipro. Nel primo caso, gli investitori ci hanno rimesso con una tagliola del 53,5% del valore nominale dei titoli di stato e con un allungamento dei tempi di rimborso fino a trenta anni. Nel secondo, invece, è di questi giorni la decisione europea di coinvolgere anche i risparmiatori con perdite sui depositi oltre i 100 mila euro tra il 40 e l’80% (Prelievo forzoso depositi bancari: modello Cipro in tutta Europa?). La mancanza di punti fermi sarebbe perciò alla base della crisi di fiducia verso la Slovenia, perché c’è il timore che le si possano applicare modelli già sperimentati altrove o anche di nuovi, a maggior ragione che si tratta di un piccolo stato, il cui pil è doppio a quello di Cipro, ma sette volte inferiore a quello greco.
Un piano di salvataggio per la Slovenia?
Aldilà delle intenzioni del nuovo governo, è probabile che già dalle prossime settimane possano essere avviati contatti tra Lubiana e Bruxelles per concordare un piano di salvataggio. La creazione di una “bad bank”, in cui fare convogliare tutte le passività degli istituti del Paese e l’istituzione di una holding per la gestione del patrimonio immobiliare pubblico non sarebbero sufficienti, insieme alle misure di austerità già in parte attuate dal precedente governo (Slovenia sempre più verso le braccia della Troika). L’Iif, l'”Institute for International Finance”, che raccoglie centinaia di creditori del settore pubblico in tutto il pianeta, lancia l’allarme e chiede che la UE intervenga subito, inorridita al pensiero di dovere essere costretta ad accettare condizioni così pessime, come accaduto un anno fa con Atene.