La crisi del turismo italiano ad agosto è auto-inflitta da categorie di arraffoni

La crisi del turismo italiano nel mese di agosto è la conseguenza di certa imprenditoria arraffona, incapace di accettare il libero mercato.
1 anno fa
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Crisi del turismo italiano ad agosto

Avrebbe dovuto essere l’estate dei record, invece il turismo italiano subisce una crisi inaspettata e che ad agosto rischia di diventare eclatante. I numeri fanno tremare i polsi: prenotazioni in calo fino al 30% tra i connazionali, a fronte di una crescita modesta tra gli stranieri (+4%). I crolli più pesanti si starebbero registrando in regioni come Puglia e Toscana, mentre Piemonte e Veneto vanno meglio dello scorso anno. Caso a parte la Sicilia, su cui torneremo. Sappiamo che l’estate del 2023 sarà probabilmente ricordata per certi fenomeni meteo estremi.

Ancora prima di iniziare c’era stata la tragica alluvione in Emilia-Romagna. Dopodiché abbiamo assistito a grandine al Nord e caldo asfissiante al Sud per settimane.

Crisi turismo per scarsa libertà di mercato

L’immagine di un’Italia con temperature sopra 40 gradi non ha aiutato di certo ad attirare turisti stranieri. Tuttavia, la vera crisi del turismo è domestica. Milioni di connazionali stanno o rinunciando a partire o vanno all’estero. Perché? E’ il mercato, bellezza. I rincari di questi mesi sono stati per certi versi la spia di un sistema economico con grossi limiti. Ore di attesa per un taxi in aeroporto o alla stazione, caro voli per andare soprattutto nelle grandi isole e prezzi di ombrelloni e sdraio alle stelle.

Taxi e aerei mercati chiusi

La scarsa libertà del mercato ha prodotto puntualmente i suoi danni. I tassisti sono una corporazione chiusa che pretende di non fare entrare nessuno al suo interno. Tiene in ostaggio le città italiane, facendo pressione sui sindaci perché non emettano nuove licenze. Risultato: corse insufficienti e carissime, meglio senza il POS. Oltre il danno, la beffa: redditi dichiarati ridicoli, certamente incongrui per una categoria che paga fino a 250.000 euro le licenze. I turisti si lamentano, l’Italia è diventata un caso internazionale. Il governo Meloni ci mette una pezza, ma il buco resta: i sindaci dei capoluoghi di regione e di città aeroportuali potranno emettere il 20% in più di licenze gratis o a titolo oneroso, ma per un periodo transitorio di 12-24 mesi a fini sperimentali.

Lo stesso è intervenuto sul caro voli verso Sicilia e Sardegna: vietato per le compagnie aeree profilare l’utente per fargli pagare un prezzo del biglietto superiore al 200% la tariffa media praticata nell’anno. In queste settimane, è stato spesso più caro volare da città come Milano verso Catania, Palermo e Cagliari, anziché verso gli Stati Uniti. Complimenti a Ita, la ex compagnia di bandiera mantenuta ancora oggi dai contribuenti e che risulta tra le più arraffone presenti sul mercato. Che i tedeschi di Lufthansa se la comprino al più presto!

Prezzi folli nelle spiagge

Infine, il caro ombrellone. Direte, è il mercato che fissa i prezzi di prodotti e servizi. Peccato che siamo in presenza di un mercato unidirezionale. Gli stabilimenti balneari godono ancora di licenze eterne e solo su pressione dell’Unione Europea dopo il 2023 queste saranno rimesse a gara. Pagano una miseria di canone per usufruire delle spiagge, cioè un bene demaniale pubblico. Insomma, un’altra corporazione chiusa che pretende di fare impresa senza che altri possano fare loro concorrenza. E i risultati sono servizi spesso scadenti, a fronte di prezzi schizofrenici.

Ne sta pagando lo scotto più alto la Puglia, dove certa imprenditoria si era illusa che avrebbe potuto continuare ad alzare i prezzi stagione dopo stagione, attirando sempre e comunque turisti. La risposta del mercato è stata un grosso dito medio alzato all’indirizzo di tanti sedicenti esperti del settore. Molti si sono rivolti alla vicina Albania, molti altri alla Grecia o a Sharm-el-Sheikh. Insomma, i tempi dei prezzi folli senza alcuna contropartita reale sembrano finiti. Ma il clou è stato quest’anno in Sicilia.

L’isola si aspettava il boom di presenze, che in parte c’è stato.

Disastro siciliano

Il 16 luglio scorso, un incendio ha devastato il Terminal A dell’aeroporto Fontanarossa di Catania. Incidenti che possono accadere ovunque. La differenza la dà la risposta. E il capoluogo etneo ha offerto il peggio del peggio di sé: voli dirottati nel resto dell’isola senza preavviso a compagnie e passeggeri; navette inesistenti, carenti e con orari che hanno reso impossibile prendere eventuali coincidenze; turisti ammassati in tendoni sotto l’afa allestiti all’esterno dell’aeroporto catanese; voli cancellati anche poco prima delle partenze; riapertura ufficiale dello scalo soltanto a distanza di 20 giorni, mentre i disagi non sembrano essere finiti.

Crisi turismo spia allarmante

L’immagine che scaturisce da questa estate dell’Italia è di un Paese disorganizzato e, soprattutto, a caccia di turisti da spennare. Un disastro che l’imprenditoria del settore pagherà per gli anni futuri. Chi ha atteso un’ora un taxi all’aeroporto o chi ha pagato una fortuna per spostarsi in volo in Italia o ancora chi ha speso una fortuna per qualche giorno sotto l’ombrellone, difficilmente vorrà ripetere un’esperienza simile. Specialmente se il mercato globale offre servizi equivalenti o persino migliori con prezzi più bassi. Eh, ma il Colosseo lo abbiamo solo a Roma. Eh, ma Etna e Taormina si trovano in Sicilia. Eh, ma vuoi mettere le bellezze italiane? Sì, ma i servizi?

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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