L’inflazione quest’anno dovrebbe salire al 1.642% in Venezuela, secondo il Fondo Monetario Internazionale, anche se le stime divergono da istituto a istituto e non hanno, in effetti, nemmeno tanto più significato. L’unica verità è che i prezzi galoppano e ne servono valigie intere per fare la spesa, tanto che il governo ha dovuto stampare banconote fino a 20.000 bolivar, che al cambio ufficiale sarebbero 2.000 dollari, ma al mercato nero vengono scambiate a meno di 5 dollari. Fino a poche settimane fa, il taglio di maggiore valore era ancora di 100 bolivar (2 centesimi).
Nel 2012, le riserve di Caracas ammontavano ancora a 30 miliardi e due anni fa a 20 miliardi, segno che le condizioni si stanno deteriorando con estrema velocità. Secondo l’istituto Ecoanalitica, le importazioni risultano dimezzate rispetto a un anno fa, quando pure erano state tagliate dal governo per la carenza di dollari. (Leggi anche: Nei negozi si paga a peso)
Riserve legate al petrolio
E si tenga conto, che 7,7 miliardi dei 10,5 delle riserve sono in oro, ovvero non prontamente liquide. Lo scorso anno, il Venezuela si è visto costretto a vendere oro o a cederlo in locazione a istituzioni finanziarie, come Goldman Sachs, al fine di far entrare in cassa qualche spicciolo prezioso.
Il paese andino accede ai dollari quasi esclusivamente con le esportazioni di petrolio, che rappresentano il 95% del totale. I prezzi internazionali del greggio risultano più che dimezzati rispetto a soli tre anni fa, colpendo le entrate di Caracas e aggravando una crisi economica già in corso. (Leggi anche: Crisi Venezuela, petrolio invenduto ed esportazioni in calo)