Crollo della moda low cost, colpa del covid: la crisi di Zara e gli altri marchi

Continua la crisi della moda low cost, un modello di business da rivedere che il coronavirus ha affossato.
di
4 anni fa
2 minuti di lettura

Il fast fashion è in crisi dopo il coronavirus e tra negozi chiusi, vendite in bilico e ordini saltati, i grandi marchi del settore non se la stanno passando proprio bene. Di recente aveva colpito la notizia della chiusura di alcuni negozi H&M in Italia, a cui era stata seguita la notizia di numerosi posti di lavoro a rischio.  

La crisi della moda low cost

Il colosso svedese ha voluto smentire la notizia con un comunicato stampa in cui ha sottolineato che: “H&M Italia, a rettifica delle informazioni pubblicate su alcuni organi di stampa e della comunicazione diffusa dai Sindacati Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs, tiene a precisare quanto segue.

H&M smentisce la notizia dei 2000 posti di lavoro a rischio. L’Azienda ha annunciato la chiusura di otto punti vendita in Italia entro la fine dell’anno. Ottimizzare e perfezionare il portfolio di punti vendita per adattarsi all’evoluzione continua del mercato è essenziale per garantire la stabilità economica dell’azienda a lungo termine. In merito alle due chiusure di Milano, in un quadro generale di grave difficoltà del settore retail, dovuto al momento straordinario in cui ci troviamo, H&M è riuscita a garantire una ricollocazione per tutti i 57 dipendenti dei due punti vendita, al fine di salvaguardare la totalità dei posti di lavoro.”

Resta il fatto che il settore della moda low cost è in crisi e lo dimostrano le scelte di alcuni grandi aziende di puntare più al commercio online rispetto che ai negozi fisici svuotati dopo il lockdown. La crisi era già iniziata nel 2018 con il marchio Forever21, che aveva dichiarato bancarotta nel 2019, seguito dalla crisi di grandi magazzini come Macy’s e ancora la decisione di Inditex di chiudere 1200 negozi tra Europa e Asia, per i vari marchi come Stradivarius, Bershka, Oysho, Zara,Pull&Bear, e puntare maggiormente all’e-commerce, fino ad H&M che aveva annunciato la chiusura di molti negozi in 74 mercati mondiali.

Anche Primark, nota catena low cost di abbigliamento, aveva dichiarato perdite per 650 milioni di sterline anche se continuerà  ad investire sui negozi fisici.

Un nuovo modello con meno acquisti “usa e getta”

Il coronavirus ha soltanto dato una spinta ad una situazione che era diventata satura e “una produzione, insostenibile per il pianeta. Troppa tensione alla vendita, insostenibile per i rapporti umani” secondo Danilo Venturi, direttore dell’istituto internazionale di fashion design e marketing Polimoda, che ha rilasciato queste parole a HuffPost. Si tratta di un modello di business da rivedere in cui è fondamentale anche puntare alla sostenibilità. Secondo le stime dello studio The Business of Fashion il settore della moda tornerà ad una crescita del 4% solo nel 2021 ma sarà importante rivedere il mercato puntando maggiormente a prodotti duraturi e meno acquisti “usa e getta” senza dimenticare la sostenibilità.

Leggi anche: Zara si ‘arrende’ al coronavirus: chiude 1.200 negozi e guarda all’e-commerce

[email protected]

Articolo precedente

Start up e pmi innovative: investimenti detraibili al 50%

Articolo seguente

Investire nel recupero crediti: obbligazioni in euro AMCO scadenza 3 e 7 anni