Il crollo della lira turca rimette in discussione l’uscita dalla crisi

Il crollo della lira turca di ieri pone fine alla fiducia che i mercati finanziari avevano riposto in Ankara nei quasi 2 ultimi anni.
1 giorno fa
2 minuti di lettura
Crollo della lira turca
Crollo della lira turca © Licenza Creative Commons

E’ stata una seduta drammatica per la Borsa di Istanbul ieri, trascinata a fondo dall’arresto del sindaco della medesima città metropolitana, Ekrem Imamoglu. Il principale oppositore politico del presidente Recep Tayyip Erdogan viene messo fuori dai giochi per le prossime elezioni presidenziali e i mercati finanziari prendono nota. Il crollo della lira turca è stato altrettanto cruento, arrivato al 12% contro il dollaro e fino al tasso di cambio di 41 nel corso delle contrattazioni mattutine. Era a 36,70 al termine della seduta di martedì. Un caos che rischia di rimettere in discussione l’uscita della Turchia dalla crisi finanziaria degli ultimi anni.

Erdogan in cerca del terzo mandato

La notizia dell’arresto va oltre la preoccupazione di una svolta autocratica ad Ankara, la quale è nei fatti da anni. I mercati sono preoccupati per il suo significato implicito: Erdogan cerca il terzo mandato, contrariamente al limite posto dalla Costituzione, forse anticipando le elezioni in programma per il 2028. E questo potrebbe voler dire che il ritorno all’ortodossia monetaria e fiscale di questi due ultimi 2 anni scarsi sarà ancora una volta interrotto e sacrificato sull’altare della ricerca del consenso spicciolo.

I sondaggi dicono che se oggi si andasse al voto, l’AKP del presidente e il CHP a cui appartiene Imamoglu riscuoterebbero gli stessi consensi, appaiati al 31%. Testa a testa anche tra gli ambientalisti di DEM all’opposizione e i nazionalisti di MHP alleati di governo. In sostanza, Erdogan rischia di perdere sia la maggioranza in Parlamento che la rielezione propria. Nel maggio del 2023 gli servì un ballottaggio per ottenere il secondo mandato, malgrado il ferreo controllo degli organi di stampa.

Inflazione turca ancora altissima

Il crollo della lira turca può segnare uno spartiacque spiacevole in questa legislatura. Subito dopo avere rivinto le elezioni, Erdogan si convinse a cambiare linea di politica economica. Da “nemico dei tassi alti” nominò una governatrice alla banca centrale per una gestione monetaria responsabile. E così i tassi sono stati alzati dall’8,50% fino al 50%, mentre il cambio veniva svalutato gradualmente di quasi il 50%. Al Tesoro arrivava il già ministro Mehmet Simsek, noto e apprezzato negli ambienti finanziari per la sua politica di ordine fiscale.

L’inflazione turca, che sarebbe esplosa fin sopra il 75% nel maggio scorso, è scesa fin sotto il 40% a febbraio. Resta altissima e lo sarà anche nei prossimi mesi, ma perlomeno i prezzi al consumo hanno smesso di correre. Viaggiano al ritmo medio mensile del 2,7% nell’ultimo semestre, giù dal 9-9,50% di metà 2023. Ma il crollo della lira turca rischia di riaccelerarne la corsa, aumentando i costi delle importazioni. La banca centrale, che ha avviato da mesi il taglio dei tassi, si vedrebbe costretta a ri-aumentarli. A patto che Erdogan accettasse questa inversione di tendenza, cosa che risulta difficile credere alla luce degli ultimi avvenimenti politico-giudiziari.

Crollo lira turca minaccia miglioramenti recenti

Sarebbe solo l’ennesima volta in pochi anni che l’istituto dimostrerebbe la propria soggezione alla sfera politica.

I mercati non aspetterebbero altro per darsela nuovamente a gambe. I deflussi dei capitali sarebbe ripartito. Certo, c’è da dire che la situazione appare molto migliore di due anni fa. Le riserve valutarie sono salite a 97,8 miliardi di dollari dagli 82,8 miliardi. Insieme alle riserve auree, hanno segnato a febbraio il dato record di 173,2 miliardi. Dal primo trimestre del 2023 l’oro posseduto dalla banca centrale è salito da 440 a 615 tonnellate. Ma il dato che più impressiona positivamente riguarda le riserve valutarie al netto degli swaps: da -5,7 miliardi di inizio giugno 2023 a 71,4 miliardi.

Un miglioramento costruito grazie alla fiducia faticosamente ricostituita dall’istituto e che adesso può evaporarsi nel giro di un attimo. Il crollo della lira turca metterà sotto pressione anche le finanze statali, visto che metà del debito pubblico è stato emesso in valute straniere. Pur ammontando a circa il 13% del Pil, il deterioramento fiscale sarebbe percettibile in un contesto di crisi del cambio. Per Ankara sarebbe più difficile accedere ai mercati internazionali a costi sostenibili. L’ultima emissione era avvenuta agli inizi di febbraio per un bond in dollari e con cedola 7,125% per una durata di 7 anni. Un successo che già appartiene al passato.

[email protected] 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

modifica calcolo isee
Articolo precedente

ISEE da rifare ad aprile: i titoli e libretti di quale anno vanno esclusi?

Rottamazione cartelle
Articolo seguente

Riammissione rottamazione-quater e DURC. Verifica per ogni singola rata (indicazioni INAIL)