L’indice manifatturiero americano segnala per il mese di marzo la quinta contrazione consecutiva. Il dato dell’ISM, reso noto l’altro ieri, è risultato inferiore alle attese a 46,3 punti. Sotto 50 rispecchia un calo dell’attività, sopra tale soglia un’espansione. Brutte notizie per la prima economia mondiale, che hanno provocato il crollo dei rendimenti americani. Poco dopo l’avvio delle contrattazioni di martedì, il T-bond a 2 anni offriva il 3,83%, giù dal 4% dell’apertura. Ieri, scendeva ancora sotto il 3,80%. E il T-bond a 10 anni scendeva fin al 3,30% dal 3,56% di una settimana prima.
Ed è per questo che il dollaro perde quota contro le altre valute mondiali. Segna un abbondante -4% in meno di un mese. Il cambio euro-dollaro si è riportato a ridosso della soglia di 1,10, ai massimi da inizio febbraio. Il crollo dei rendimenti americani può essere considerato un fatto positivo, perché avrà effetti calmieranti anche nell’Area Euro per i rendimenti dei titoli di stato, delle obbligazioni societarie e dei tassi d’interesse in generale. La pressione da oltreoceano viene un po’ meno e sarà possibile per il nostro continente attirare capitali senza necessariamente continuare ad aumentare il costo del denaro.
Rendimenti americani giù per pessimismo mercati
Allo stesso tempo, però, esso è il risultato di previsioni fosche per l’economia americana e, tutto sommato, anche per quella europea. Il rialzo dei tassi sta avendo contraccolpi sul mercato del credito, cioè sugli investimenti delle imprese e i consumi di beni durevoli delle famiglie. L’indispensabile lotta all’inflazione sta passando, quindi, per un “raffreddamento” della domanda interna.
Dunque, i rendimenti americani stanno venendo giù essenzialmente per il maggiore pessimismo diffuso tra chi investe i capitali. E risulta razionale per famiglie e investitori istituzionali inserire in portafoglio bond per approfittare di quella che potrebbe essere l’ultima fase di alti rendimenti prima che i prezzi tornino a salire e le cedole a scendere. Guardiamo all’Italia. Il BTp a 10 anni offriva sopra il 4,60% un mese fa. Ieri, è arrivato a scendere al 4,05%. Parliamo di oltre mezzo punto percentuale in meno in poche settimane, che entro la scadenza implica il -5,5% cumulato; più dell’inflazione italiana acquisita al 31 marzo scorso per quest’anno.