Tempo fa si diceva che i migliori meccanici di auto del mondo si trovassero a Cuba, dove hanno a che fare con un parco macchine a dir poco vetusto. Fino al 2011 sull’isola vigeva il divieto di possedere qualsiasi auto immatricolata successivamente al 1959, l’anno della Revolucion di Fidel Castro. Per oltre mezzo secolo, quindi, i cubani che hanno desiderato guidare, si sono dovuti ingegnare nel riparare le vecchie quattro ruote. Il divieto non è più formalmente in vigore, anche se nei fatti resta impossibile comprare un mezzo a motore.
Abbattute le tasse speciali
La novità c’è a partire dall’1 gennaio scorso: il regime a Cuba ha abbattuto le tasse “speciali” sulle auto al 35%. Rimangono in vigore altri balzelli, per cui un veicolo standard con meno di 5 anni di vita costerà 17.000 dollari per le fonti fornite dallo stesso governo. Ad essere precisi, il prezzo imposto sui veicoli standard a combustione interna è di 2.040.000 pesos cubani, che al cambio ufficiale sono quasi 84.500 dollari, ma al cambio fissato dalla banca centrale per le importazioni scendono per l’appunto a 17.000 dollari. Usando, invece, il cambio vigente al mercato nero, dove 1 dollaro vale 300 pesos, l’importo corrisponde a circa 6.800 dollari.
Il prezzo per un’auto tra 5 e 15 anni sarà di 1.020.000 pesos e sopra i 15 anni di vita di 510.000 pesos. Ma l’abbattimento delle tasse speciali non agevolerà affatto il rinnovo del parco macchine e la riduzione delle emissioni inquinanti sull’isola. E la ragione è semplice: i prezzi restano fuori dalla portata anche per la classe relativamente agiata. In effetti, parliamo di un’economia in cui il salario minimo oscilla tra 2.100 e 6.310 pesos al mese, a seconda della categoria di appartenenza e per un impiego di 40 ore settimanali.
Isola nella miseria tra inflazione e bassi stipendi
Anche facendo riferimento a una posizione dirigenziale con stipendio medio sui 30.000 pesos al mese, occorrerebbero 70 mensilità per l’acquisto di un’auto nuova senza grosse pretese. Per i lavoratori con salario minimo, invece, potrebbero arrivare a servire più di 50 anni di stipendi interamente risparmiati. Insomma, l’auto a Cuba resta un bene di lusso. E a saperlo è lo stesso regime, che spera di superare la più grande crisi economica dal ’59 con l’ingresso nei Brics a partire dal prossimo 11 gennaio. L’adesione era stata siglata dal presidente Miguel Diaz-Canel nell’ottobre scorso a Kazan, Russia.
Cuba e Bolivia sono le uniche due realtà sudamericane tra le nove che faranno parte del club dalla prossima settimana. L’isola è sconvolta da un costo della vita esploso negli ultimi anni con la riforma monetaria e con cui gli stipendi non hanno tenuto il passo. Le riserve valutarie scarseggiano e le importazioni sono limitate. I blackout sono diventati frequenti per via del carburante insufficiente acquistato dall’estero. Dallo scorso agosto ci sono state tre interruzioni della corrente elettrica su base nazionale della durata di diversi giorni ciascuna.
Auto a Cuba ultimo dei pensieri
Chi può, emigra. E il regime neanche ferma più chi vuole espatriare, considerando il fenomeno una valvola di sfogo, senza la quale altrimenti il malcontento sfocerebbe in proteste anti-governative come nell’estate del 2021. Il prossimo segretario di stato americano sarà Marco Rubio, che ha origini cubane e posizioni fortemente contrarie a L’Avana. La dittatura castrista teme il peggio, avendo smesso di credere alla fine del bloqueo, come qui viene chiamato l’embargo degli Stati Uniti. Gli andrà di lusso se la nuova amministrazione Trump non rafforzerà le restrizioni commerciali e finanziarie.