Rischio di recessione in stile anni Novanta
E Cuba ha una storia recente simile. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, che finanziava l’isola, l’economia subì un colpo durissimo, tanto che si arrivò a blackout frequenti e a mangiare persino i gatti trovati in strada, in assenza di alternative.
In questo panorama desolante, una delle rare soddisfazioni le sta offrendo un prezioso prodotto di quest’isola: i sigari. Habanos, che produce marchi come Monte Cristo, Romeo e Giulietta e Cohiba, ha fatturato all’estero nel 2016 il 5% in più dell’anno precedente, ovvero 445 milioni di dollari, mentre sul mercato domestico ha segnato un +13%.
Incertezze legate anche alla politica di Trump
L’amministrazione Obama ha rimosso l’embargo sulle importazioni di sigari cubani, anche se ne è vietata la vendita sul territorio USA, per cui possono entrarvi solo come acquisti personali da parte dei turisti o degli esuli cubani. Sotto l’amministrazione Trump, tali restrizioni potrebbero non essere rimosse e, anzi, si potrebbe andare nella direzione opposta di inasprirle, dato che il presidente ha fatto presente di non gradire il disgelo perseguito dal predecessore, puntando alla caduta del regime castrista, giudicato contrario ai diritti umani.
Il futuro dell’isola resta più incerto che mai, in una fase di transizione verso una nuova leadership, con riforme economiche solo avviate e non completate, con relazioni diplomatiche appena riallacciate con il potente vicino e già in discussione, mentre il più prezioso alleato, il Venezuela, sprofonda sempre più nel baratro della miseria. (Leggi anche: Cuba apre agli investimenti stranieri per slegarsi dal Venezuela?)