In Italia, i rendimenti dei titoli di stato sono saliti nel mese di marzo ai livelli maggiori dal maggio 2020: 1,194% il dato medio ponderato da 1,17% di febbraio. Negli USA, la curva dei rendimenti si è nel frattempo invertita, cioè ormai il Treasury a 10 anni offre meno del Treasury a 2 anni. Accadde l’ultima volta nel 2019, anticipando la recessione dell’economia americana nell’anno successivo, sebbene provocata da una pandemia non certamente prevedibile da analisti e investitori. E c’è un altro dato ad attirare le attenzioni del mercato: le aspettative d’inflazione sono salite ai massimi da almeno un paio di decenni a questa parte.
Per “breakeven” s’intende la differenza tra rendimento del Treasury a 5 anni con cedola fissa e Treasury a 5 anni con cedola legata all’inflazione. Esso darebbe una stima circa le aspettative d’inflazione del mercato per il prossimo quinquennio. A conti fatti, il mercato sconterebbe un aumento medio dei prezzi al consumo negli USA quasi doppio del target della Federal Reserve al 2%.
Aspettative d’inflazione e tassi FED su
Viene naturale capire la ragione per la quale lo stesso mercato stia scontando tassi d’interesse al 2,75% per fine anno. Addirittura, esiste una probabilità media che sfiorino il 3%. A marzo, la FED ha alzato i tassi di 0,25% allo 0,5%. Per maggio, il mercato dà per quasi certo un aumento di ulteriori 50 punti base o 0,5%. Proprio la stretta monetaria vigorosa attesa contribuisce a far lievitare i rendimenti a breve sopra quelli a lungo termine. Ciononostante, le aspettative d’inflazione testimoniano che gli investitori non vedano una grossa efficacia di queste azioni dell’istituto per i prossimi anni.
In altre parole, il combinato tra curva dei rendimenti e aspettative d’inflazione negli USA ci segnalerebbe quanto segue: la FED alzerà i tassi a passo veloce.