Allo stato attuale sono circa 1,8 milioni i percettori del reddito di cittadinanza (di cui 814 mila già beneficiari prima della pandemia e il restante 1 milione durante l’emergenza). A questi si aggiungono circa 1,6 milioni di famiglie che intendono farne richiesta ed 1,4 milioni di nuclei la cui domanda di accesso al sussidio non è stata accolta.
E’ questa la fotografia dell’INAPP (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) al 23 febbraio 2022. Numeri abbastanza elevati, dunque, che evidenziano come una eventuale abrogazione del sussidio significherebbe perdita dell’unica fonte reddituale per numerose famiglie che vivono in stato di “povertà”, con notevoli ripercussioni sulla vita economica e sociale del nostro Paese.
L’impatto del reddito di cittadinanza sulla vita dei percettori
Secondo lo studio INAPP, in caso di eliminazione del reddito di cittadinanza occorrerà fare i conti anche con la perdita dei benefici di carattere psico-sociale legati al sussidio. Dall’indagine, infatti, emerge che il:
- 64% dei percettori dichiara di avere maggior fiducia nelle istituzioni
- 63% di aver avuto più tempo per la cura dei figli
- 61% di aver migliorato la sua condizione economica
- 58% ha fatto volontariato
- 54% percepisce un miglioramento della sua salute psico-fisica
Inoltre, in generale, 1 su 2 dichiara di aver aumentato la fiducia in sé stesso, nel futuro, nei rapporti con gli altri e nella classe politica.
Il Reddito di cittadinanza si è dimostrato una misura utile per fronteggiare la diffusa povertà, notevolmente peggiorata sotto l’impatto del coronavirus, ma il perimetro della popolazione in condizione di vulnerabilità è più ampio. Una parte della popolazione resta esclusa in ragione degli stessi requisiti formali di accesso o per la scarsa informazione sulla policy. È urgente guardare alle cause per giungere ad una ristrutturazione organica sia del sistema delle politiche attive del lavoro sia dei servizi sociali ed evitare che anche gli ultimi due programmi lanciati in proposito (GOL e Fondo Nuove Competenze) si rivelino poco efficaci.
Queste alcune delle parole del prof. Sebastiano Fadda, Presidente dell’INAPP.
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