Nuove regole disposte dall’EBA, l’Autorità bancaria europea, a partire dall’1 gennaio 2021. Riguarderanno i conti correnti, che non potranno andare in rosso neppure per qualche euro. Gli addebiti automatici in tal caso non verrebbero più eseguiti. Inoltre, decorsi 90 giorni senza che i pagamenti siano stati saldati, la banca si vedrebbe costretta a segnalare il cliente alla Centrale rischi finanziari (Crif) come cattivo pagatore.
Unimpresa lancia l’allarme, perché effettivamente le nuove regole europee rischiano di provocare conseguenze sgradite e in una fase in cui servirebbe il massimo coinvolgimento delle banche a sostegno della ripresa, attraverso il mercato del credito.
Grazie a questa tolleranza, gli addebiti continuano ad essere effettuati, come nel caso dei pagamenti di utenze domestiche, di contributi previdenziali (pensate alle partite IVA) e rate di prestiti e mutui. Tra qualche giorno, con l’arrivo del nuovo anno, gli addebiti verrebbero bloccati non appena il saldo del conto corrente diventa negativo. In concreto, significa che salterebbero i pagamenti di bollette, rate, contributi e tasse. E dopo tre mesi, se il saldo resta negativo, scatta la segnalazione al Crif, sul cui registro si verrà iscritti come cattivi pagatori. Per le stesse banche si tratterebbe di una mazzata, in quanto basterà uno scoperto di 100 euro per 90 giorni per accrescere la massa dei cosiddetti Non performing loans (Npl) o crediti deteriorati.
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Conseguenze delle nuove regole EBA
Cosa rischia di accadere all’atto pratico? Le banche italiane si mostreranno ancora più prudenti con i clienti, erogando minori prestiti, dovendo mettere in conto l’aumento rischio di Npl.
Rischiano le stesse famiglie, perché un ritardo nell’accredito dello stipendio, ad esempio, potrebbe comportare problemi nei pagamenti automatici e, così come per le imprese, l’iscrizione come cattivo pagatore. In quel caso, addio all’accesso al credito fino a quando si rimarrà in tale condizione. Per ovviare a tutto questo, in realtà, si può sempre optare per il fido bancario. A differenza di un prestito, esso consiste nella possibilità per il cliente di utilizzare una somma massima fissata di liquidità, chiaramente dietro il pagamento di un tasso d’interesse. Questo viene sostenuto in forma minima anche nel caso in cui il fido non venisse usufruito per un solo centesimo, per il semplice fatto che la banca lo abbia messo a disposizione.
Le imprese saranno quasi costrette a richiedere che il conto corrente sia dotato di fido, pur essendo una simile soluzione per loro più costosa e non automatica. La concessione del fido passa, infatti, per un’indagine sul merito creditizio del cliente. E in un periodo come questo non sarebbe facile per molte piccole attività accedervi. Quanto alle famiglie, l’ipotesi del fido sarebbe poco praticabile, dati i costi che essa comporterebbe. A voler essere onesti, la misura dell’EBA in sé non sarebbe errata, perché se è vero che tollerare pochi euro di scoperto non sia una tragedia per le banche, del resto il conto corrente non si configura quale strumento idoneo per simili operazioni, trattandosi di un semplice “salvadanaio” del cliente e non di un prodotto finanziario.