La riforma pensioni non è partita col piede giusto. Lo sanno i sindacati, lo sanno i partiti e pure il governo. Anche i lavoratori non ripongono molte speranze nel 2022 e prevale la rassegnazione.
Il premier Draghi aprendo il cantiere della riforma pensioni con la massima disponibilità ha detto che qualsiasi cambiamento dovrà essere sostenibile finanziariamente. Un paletto che sa più di sbarramento che di vincolo.
Riforma pensioni, cantiere aperto
La disponibilità a realizzare la riforma pensioni fa quindi a pugni con i vincoli di bilancio.
Debito pubblico che, causa il problema della crescita economica, quello demografico e dell’occupazione, non permette più margini di manovra. L’ultima follia, come qualcuno l’ha già definita, è stata quota 100 che ha ulteriormente gettato benzina sul fuoco al sistema pensionistico italiano.
Non è quindi mistero che per la riforma pensioni si punti al ritorno tout court alle regole della Fornero varate nel lontano 2012. Pena il default per un Paese che spende per le pensioni il 16% del Pil, la più alta percentuale fra i Paesi Ocse.
L’incubo Fornero a partire dal 2023
Così, il rischio – come dicono gli esperti – è che il cantiere della riforma pensioni resti aperto per molto tempo o che si arrivi ad un nulla di fatto.
La speranza dei lavoratori, d’altro canto, è che la legge Fornero venga eliminata o corretta profondamente, perché troppo penalizzante. L’età pensionabile è infatti legata alla speranza di vita e, in previsione, si andrà in pensione sempre più tardi e con meno soldi.
Tuttavia non è detto che qualche forma di pensionamento anticipato non possa vedere la luce nel corso dei lavori. Tutto però sarà focalizzato sulla disincentivazione a lasciare il lavoro prima del tempo.
In pratica, chi vorrà andare in pensione prima, potrà farlo, ma a fronte di un taglio.