Dalla Norvegia una notizia deprimente per il mercato obbligazionario

Segnale "bearish" per le obbligazioni di tutto il mondo dalla Norvegia, dove il fondo sovrano dismetterà assets per 382 miliardi di corone, a seguito della crisi del petrolio.
5 anni fa
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Mentre i mercati finanziari stanno lentamente recuperando le ingenti perdite accusate a marzo, dalla Norvegia giunge un segnale “bearish”. Il Norges Bank Investment Management ha annunciato che venderà assets per complessivi 382 miliardi di corone norvegesi, qualcosa come 35 miliardi di euro. La notizia ha colto di sorpresa analisti e investitori, che non si aspettavano una liquidazione così massiccia di capitali investiti. E a farne le spese, secondo quanto riportato da Bloomberg, sarebbero perlopiù le obbligazioni, dato che le azioni risultano già sotto la soglia del 70% fissata per gli investimenti sul totale.

Le obbligazioni della Norvegia rendono bene con la corona debole?

La Norvegia ha istituito nel 1994 un fondo sovrano, alimentato dai proventi del petrolio. Alla fine del 2019, esso valeva 10.088 miliardi di corone, circa 1.000 miliardi di dollari. In genere, i prelievi effettuati dal governo per finanziare il bilancio risultano inferiori ai depositi effettuati, per cui l’entità delle risorse da investire tende a crescere incessantemente. Solo nel 2016 e nel 2017 si registrò il fenomeno opposto, ovvero che Oslo decise di attingere al fondo per una quantità di risorse superiori a quelle che erano state depositate, per cui l’entità degli assets si ridusse.

Il crollo delle quotazioni del petrolio, conseguenza dei “lockdown” imposti dai governi mondiali per affrontare l’emergenza Coronavirus, aumenta il fabbisogno statale anche del governo norvegese, mentre riduce le entrate fiscali. In effetti, per quest’anno ci si aspetta un crollo del cash flow netto del 62% a 98 miliardi. In totale, verranno spesi 420 miliardi contro la crisi, per cui serve liquidare parte dell’immenso portafoglio, pari a oltre il doppio del pil norvegese.

I numeri del fondo

Il precedente record dei prelievi risaliva al 2016, guarda caso un altro anno nero per le quotazioni petrolifere. Per il mercato dei bond, quindi, una notizia certamente negativa, perché prelude a vendite vere e proprie o, comunque, a mancati reinvestimenti alle scadenze.

A farne potenzialmente più le spese sarebbero i bond emergenti, già in affanno in questa fase di recessione globale. E tra gli emergenti, specialmente il mercato corporate subirebbe i maggiori disinvestimenti del fondo sovrano di Oslo.

Lo scorso anno, esso ha chiuso con il più alto rendimento di sempre, del 19,9%, pari a 1.692 miliardi di corone. A fronte del +26% messo a segno dalla componente azionaria, un ottimo +6,8% è arrivato dal comparto obbligazionario e il +7,6% da quello immobiliare. Le obbligazioni in portafoglio valevano al 31 dicembre scorso 2.670 miliardi, il 26,5% del totale, oltre 10 volte in più dei 273 miliardi del real estate, ma molto meno dei 7.145 miliardi del comparto azionario. Ai valori attuali, il disinvestimento annunciato equivale al 3,8% degli assets totali. Se arrivasse unicamente dai bond, impatterebbe per un settimo del comparto.

Mercato obbligazionario globale e quel segnale a sorpresa dalla Norvegia che spiazza

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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