La fine del cambio fisso tra lira egiziana e dollaro sta provocando una serie di conseguenze abbastanza sensibili per la popolazione in Egitto, dove a marzo l’inflazione è esplosa su base annua al 30,9%, colpendo la capacità di spesa delle famiglie. La situazione è diventata così preoccupante, che il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha disposto qualche giorno fa il divieto di esportazione di pesce fresco e congelato. La misura è stata assunta a causa del boom dei prezzi interni, seguiti all’impennata delle esportazioni.
In ogni caso, l’aumento delle esportazioni c’è, tanto che il ministro Tarek Kabil ha annunciato l’introduzione di un dazio di 12.000 lire egiziane per tonnellate di pesce venduto all’estero, pari a circa 600 euro/t. E sempre in aprile, il governo egiziano ha imposto un dazio di 3.000 lire su ogni tonnellate di zucchero esportato, riscontrando per questo bene lo stesso problema. (Leggi anche: Crisi Egitto, segni carenza di cibo)
Italia già rimasta senza pesce
Che cosa sta accadendo è facile da intuire. A inizio novembre, la banca centrale egiziana ha dovuto abbandonare il cambio fisso contro il dollaro, che era stato portato nei mesi precedenti a 8,8. Da allora, la lira si è svalutata di oltre il 50% e il cambio con il dollaro si attesta adesso intorno a 18. Il crollo rende molto a buon mercato i beni prodotti in Egitto, come il pesce, appunto. Da qui, il boom delle esportazioni e dei prezzi interni, data la minore offerta disponibile.
D’altra parte, l’Europa è a corto di pesce.