I debiti con l’INPS possono essere di varia natura e, purtroppo, incidere anche sulla pensione. Per esempio, un lavoratore autonomo, e quindi assoggettato al versamento della contribuzione previdenziale, può contrarre dei debiti relativi proprio ai versamenti contributivi. Sicuramente questa è la fattispecie principale di debiti che storicamente i contribuenti italiani hanno nei confronti dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. Ma essendo debiti di varia natura è possibile anche che l’INPS chieda a un contribuente una restituzione di somme indebitamente percepite. Questo è il caso per esempio di chi ha percepito la Naspi, godendo di mensilità che poi non erano spettanti. Ciò che interessa alla maggior parte delle persone è l’incidenza di questi debiti su una pensione. In termini pratici, sono tanti che si chiedono se l’INPS alla luce di questi debiti può bloccare una domanda di pensione di un contribuente o può sospendere il pagamento di una pensione già in corso, magari tagliandone una parte.
“Gentile esperto, vi vorrei porre un quesito relativo alla mia posizione contributiva e previdenziale all’INPS. Sono stato per un ventennio un lavoratore autonomo, perché facevo il venditore ambulante in mercati e fiere. Dopo sono passato a lavorare in un’azienda privata, lavorando cinque anni esatti. In parole povere ho 26 anni di contributi versati e a febbraio del 2023 compirò i 67 anni di età utili per la mia pensione di vecchiaia. Lavorerò fino a gennaio e poi presenterò la domanda di pensione all’INPS. Ma adesso mi è sorto un dubbio. L’ultimo anno della mia attività di lavoro autonomo, che era ormai diventata fallimentare, non ho versato l’intera annualità di contribuzione dovuta. Credo di aver maturato un anno di contribuzione a debito nei confronti dell’Inps. Si tratta di un debito di cui ho avuto notizia anche perché mi è arrivata una cartella da parte dell’Istituto in cui mi chiedono il versamento di 4.236 proprio per dei miei mancati pagamenti. Vorrei sapere se per colpa di questo debito nei confronti dell’INPS mi troverò a non poter andare in pensione. In pratica, è possibile che l’INPS respinga la domanda di pensione nonostante abbia maturato già i vent’anni di contributi versati?”
Pensioni e contributi mancanti, cosa succede a chi ha debiti con l’INPS
Dubbio lecito questo del nostro lettore e purtroppo comune a molti altri lettori, soprattutto a chi viene da una situazione fallimentare a livello di lavoro autonomo. Non versare i contributi previdenziali è una situazione che l’Inps monitora con attenzione, tant’è vero che tra le voci passive dei rapporti annuali che l’istituto presenta anche in Parlamento, sono notevoli queste mancate contribuzioni. Inoltre, spesso i contributi versati dai lavoratori finiscono con il diventare cartelle esattoriali, passando di mano dall’INPS all’Agenzia delle Entrate Riscossione. Lo stesso ragionamento si deve fare però anche per i debiti di altra natura che si possono contrarre con l’INPS, come per esempio il mancato versamento dei contributi della propria badante piuttosto che la mancata restituzione di somme indebitamente percepite anche su prestazioni assistenziali e non necessariamente previdenziali.
Operazione pensione a rischio per i debiti con l’INPS?
Avere debiti con l’istituto previdenziale incide inevitabilmente sulle pensioni. Se sono debiti contributivi, cioè debiti sorti per il mancato pagamento dei contributi, l’incidenza è senza dubbio superiore. Questo perché il periodo contributivo non versato, finirà con il non essere calcolato per liquidare la prestazione pensionistica. Prestazione pensionistica che però non è a rischio per il nostro lettore, ma non perché i suoi debiti siano diversi da quelli degli altri. Il perché è da ricercare altrove. Avendo già raggiunto comunque la soglia minima di 20 anni di contributi versati, che insieme ai 67 anni di età danno il pieno diritto alla pensione di vecchiaia ordinaria, il nostro lettore in pensione ci andrà. Ma non ha 26 anni di contributi utili alla pensione come lui sostiene, ma solo 25. L’anno scoperto non è conteggiato, come è naturale che sia.
Niente versamenti, niente pensione se mancano i requisiti minimi
In termini pratici, i contributi non versati e quindi i debiti con l’INPS non incidono sul diritto a maturare una determinata prestazione previdenziale. Non ci sono dubbi da questo punto di vista perché effettivamente chi ha maturato il diritto alla prestazione, non lo perde perché ha dei debiti con l’INPS. Diverso il caso di chi il diritto non lo matura se non utilizzando proprio quell’anno mancante. Perché magari si trova con 19 anni di contributi e non con 20. In questo caso, nonostante i 20 anni di iscrizione all’INPS come lavoratore autonomo, la pensione non sarà liquidata perché effettivamente il contribuente ha versato 19 anni e non 20 come la soglia minima della pensione di vecchiaia prevede. In questo caso per poter presentare la domanda di pensione bisogna prima coprire quel buco contributivo, provvedendo a pagare all’INPS i contributi omessi, naturalmente con interessi e sanzioni per ritardato versamento.
Cosa accade a versare contributi dopo essere usciti dal lavoro?
A prescindere da tutto questo, se la pensione è lo stesso liquidata e il versamento degli arretrati arriva postumo alla liquidazione del trattamento, occorrerà adoperarsi per chiedere il ricalcolo della pensione. Con una domanda di ricostituzione infatti si può chiedere il ri-conteggio della pensione alla luce della nuova contribuzione versata, anche se riferita a periodi vecchi. Se questi periodi non erano stati considerati perché scoperti, nel momento in cui vengono coperti si possono far valere per il calcolo della prestazione.
I debiti restano sempre debiti
Avere debiti con un istituto previdenziale però, espone a un altro genere di conseguenze. E sono quelle conseguenze che pagano tutti gli indebitati con le pubbliche amministrazioni a prescindere dalla natura del debito e cioè dal tributo o dalla cassa evasa. In altri termini, i contributi non versati all’INPS prima o poi andranno saldati. Se diventano cartelle, occorrerà fare i conti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione. Il concessionario alla riscossione che ha sostituito Equitalia può avviare tutte le procedure di esecuzione forzata per ottenere ciò che l’INPS avanza. Pignoramenti, fermi amministrativi auto, confische sono le azioni che il concessionario può avviare. Ma anche se il credito dell’INPS è rimasto in mano allo stesso Istituto nei confronti del quale il contribuente l’ha maturato, poco cambia. Infatti l’INPS potrà trattenere a rate sulle pensioni future l’intero ammontare del credito vantato nei confronti di chi, nonostante il debito, in pensione ci è andato comunque.