Virginia Raggi è il nuovo sindaco di Roma, la prima donna nella plurimillenaria storia della Città Eterna a guidare la Capitale d’Italia. La giovane candidata del Movimento 5 Stelle ha sbaragliato tutti gli sfidanti e al secondo turno ha ottenuto la fiducia di oltre 2 romani su 3, segno che gli elettori hanno invocato a gran voce il rinnovamento. Facile a dirsi, perché i numeri che il primo cittadino si troverà davanti non saranno facili da gestire; e questo, aldilà della capacità personale e dell’esperienza amministrativa alle spalle di ognuno.
Roma è una città con 12,7 miliardi di euro di debito (ma il neo-sindaco ha affermato ieri che ammonterebbe tra i 13 e i 16 miliardi!), di cui 7,13 miliardi verso le banche, 3,6 miliardi verso privati e 2 miliardi ancora nei confronti della Pubblica Amministrazione. L’80% dell’indebitamento è stato realizzato prima dell’amministrazione di Gianni Alemanno, in carica tra la primavera del 2008 e quella del 2013. Il costo annuo di questa montagna di passività è di mezzo miliardo, così ripartito: 300 milioni a carico dello stato, ovvero di tutti gli italiani; 200 milioni a carico dei contribuenti romani, i quali pagano un’addizionale Irpef del 9 per mille, quando nel resto d’Italia il tetto massimo imposto dal governo nazionale è dell’8 per mille.
Debito Roma, non si conoscono molti creditori
In tutto, la Capitale ha accesi quasi 1.700 mutui, di cui quasi 1.500 con la Cassa depositi e prestiti, verso la quale risulta esposta per 2,7 miliardi (2,2 miliardi dei quali rientrano nella gestione commissariale). Su questi mutui, il Comune paga un interesse medio del 5%, abbastanza alto, considerando i tassi di mercato azzerati negli ultimi tempi.
Ciò che lascia indignati è quanto dichiarato dal commissario straordinario per la gestione del debito romano, Silvia Scozzese, in audizione alla Camera nell’aprile scorso, ovvero che il 77% dei debitori e il 43% dei creditori è ignoto al Campidoglio. Dunque, chi amministra non sa a chi pagare e da chi farsi pagare.