“Per un po’ abbiamo riflettuto se fosse meglio fare una vacanza o divorziare. Abbiamo deciso che un viaggio alle Bermuda finisce in due settimane, ma un divorzio è qualcosa che ti resta per sempre”, affermava Woody Allen in uno dei suoi film.
La scelta di divorziare non viene presa di certo a cuor leggero. Si tratta, d’altronde, della decisione di porre fine a una storia d’amore. E al progetto di vita che i due componenti della coppia avevano intrapreso assieme.
Oltre all’impatto emotivo, la fine di un matrimonio porta a dover fare i conti con tutta una serie di conseguenze dal punto di vista pratico. Basti pensare alla necessità di suddividere i vari beni in possesso, casa e anche i soldi. Proprio in tale circostanza si inserisce l’assegno divorzile che, in determinati casi, non deve essere versato. Ecco come funziona.
Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi
In caso di separazione, molto spesso il coniuge economicamente più forte deve versare un assegno di mantenimento a favore del coniuge che risulta più debole. O comunque non economicamente autosufficiente. Come sancito dal comma sei dell’articolo 156 del Codice Civile, così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale, infatti:
” Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato. Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti. Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi”.
Debiti verso il Fisco per entrate in nero: stop all’assegno divorzile
Stando alle leggi del nostro Paese, in seguito alla pronuncia di divorzio e di particolari condizioni di salute il Tribunale può decidere che uno dei due coniugi debba versare all’altro un assegno divorzile.
Ma non solo, anche un accertamento fiscale notificato dall’Agenzia delle Entrate attraverso cui viene contestata, appunto, la presenza di redditi in nero potrebbe rivelarsi un’importante carta in mano del giudice. Quest’ultimo, infatti, potrebbe considerarlo un elemento sufficiente per presumere che il soggetto in questione disponga di redditi non dichiarati. È quanto si evince da una recente sentenza della Cassazione, ovvero l’ordinanza numero 24995 del 22 agosto 2023, in base alla quale chi ha debiti con il Fisco per aver svolto dei lavori in nero non ha diritto all’ottenimento dell’assegno divorzile.