Ancora record per il debito pubblico italiano, salito nel mese di luglio a 2.770,5 miliardi di euro dai 2.767,9 miliardi di giugno. L’aumento non è stato dovuto a un qualche “buco” nel bilancio dello stato. In altre parole, le spese non hanno superato le entrate. Anzi, complessivamente l’Amministrazione pubblica ha registrato un avanzo di 10 miliardi. E allora perché il debito pubblico ha continuato a crescere? Fondamentalmente, perché il Tesoro ha deciso di raccogliere liquidità in eccesso rispetto ai suoi bisogni per altri 10,1 miliardi, portandola a 96,3 miliardi.
Variazioni reali del debito pubblico
Dall’inizio dell’anno, il debito pubblico è così aumentato di 92,1 miliardi. Un importo imponente, ma anche in questo caso bisogna tenere conto che nel frattempo le scorte di liquidità del Tesoro sono salite di 48,8 miliardi. Al netto di queste ultime, la variazione effettiva del debito sarebbe stata solamente di 43,3 miliardi. Di solito, lo stato utilizza gran parte della liquidità in eccesso raccolta nella prima parte dell’anno per gli ultimi mesi. Anche lo scorso anno accadde così, tant’è che le scorte di liquidità scesero dai 120,8 miliardi di luglio ai 47,5 miliardi di dicembre, ben -73,3 miliardi in appena cinque mesi.
Se facessimo un raffronto tra luglio di quest’anno e quello del 2021, il debito pubblico risulterebbe salito di 44,7 miliardi. Ma a parità di disponibilità liquide, la crescita sarebbe di 69,2 miliardi. Stimando un PIL nominale per quest’anno di poco inferiore ai 1.900 miliardi, perlopiù trainato dal boom dell’inflazione, la variazione del debito pubblico sarebbe pari al 3,7% del PIL. Formalmente, l’indebitamento è altra cosa, risentendo della competenza delle voci di bilancio. Il governo Draghi ha fissato un deficit al 5,6% per il 2022. Malgrado la crisi energetica in corso, l’obiettivo dovrebbe essere centrato.
Necessario tagliare il deficit fiscale
Dunque, fa scena scrivere che il debito pubblico abbia segnato l’ennesimo record, anche se la realtà è un po’ meno drammatica di quanto crediamo. L’Italia è certamente un Paese con conti dello stato squilibrati, ma il trend non risulta allarmante, data la situazione. Il rapporto debito/PIL, ad esempio, quest’anno dovrebbe scendere in area 146-7% dal 150,8% del 2021. Ma i dati consolatori forse finiscono qua. Entro dodici mesi, l’Italia dovrà rifinanziare scadenze per 606 miliardi, mentre tra 1 e 5 anni ci saranno altri 887 miliardi e sopra i 5 anni 1.277 miliardi.
Un confronto su base annua ci segnala che il debito pubblico in scadenza entro l’anno sia rimasto stabile (603 miliardi), è sceso nel tratto 1-5 anni (da 943,5 miliardi) ed è aumentato sopra 5 anni (da 1.178,5 miliardi). Ciò significa che anche nell’ultimo anno, malgrado il forte rialzo dei rendimenti, il Tesoro ha proseguito con la strategia di allungare le scadenze medie, salite effettivamente a 7,6 anni dai 7,4 anni del luglio 2021. Di qui in avanti, però, allungare ulteriormente la vita media del debito sarà complicato, in quanto costoso. Un decennale offre già intorno al 4%, oltre cinque volte tanto un anno fa. Tagliare il deficit fiscale e tendere al pareggio di bilancio sarà un must, chiunque vinca le elezioni e qualunque sia la propensione dei partiti del prossimo governo.