C’è una buona notizia a proposito di debito pubblico. Nel mese di gennaio, è sceso di 14,1 miliardi di euro, a seguito di un calo di 15,7 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro a 34,2 miliardi. Gli scarti di emissione, la rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e la variazione dei tassi di cambio hanno inciso per altri 1,3 miliardi. Al contrario, il fabbisogno finanziario mensile di 2,9 miliardi ha innalzato lo stock. Questi è risultati di 2.848,71 miliardi. Aveva chiuso il 2023 a 2.862,81 miliardi.
Debito pubblico giù a gennaio con riduzione delle scorte di liquidità
Praticamente, il debito pubblico italiano è sceso perché il Tesoro ha utilizzato le scorte di liquidità accumulate nei mesi precedenti, riportandole agli stessi livelli di un anno prima.
Spread in calo con minore rischio sovrano
Lo stato continua a indebitarsi a ritmi forsennati, superiori agli 8 miliardi mensili. Troppi per essere sostenibili in un’ottica di lungo periodo. A guardare lo spread, non sembra che il mercato sia preoccupato della tenuta del nostro debito pubblico. Questa settimana, è sceso sotto 117 punti base o 1,17%, mai così basso dal novembre del 2021. Dopodiché è risalito in area 125 punti, ma la sostanza è che l’allarme scattato nell’ottobre scorso con lo spread sopra 200 punti, sembra rientrato.
Lo stesso dicono i CDS a 5 anni, che sono i titoli assicurativi acquistati dai grossi investitori per proteggersi dal rischio default. Da anni non costavano così poco, segno che in pochi vogliano mettersi al sicuro, scontando basse probabilità di tensioni fiscali nel Bel Paese.
Le famiglie investono massicciamente in BTp
Dunque, il debito pubblico “pesa” meno sulla ricchezza prodotta da tutti noi italiani. E già questa è una prima forma di rassicurazione, se si pensa che prima della pandemia il rapporto fosse quasi al 135%. In altre parole, siamo tornati ai livelli pre-Covid. Non è l’unico elemento che sta remando a nostro favore. Tra fine febbraio e inizio marzo, il Tesoro ha raccolto altri 18,32 miliardi con l’emissione di un terzo BTp Valore riservato alle famiglie. Numeri record, che hanno battuto quelli del giugno scorso. L’ennesimo successo dell’iniziativa rappresenta una vittoria per il governo di Giorgia Meloni, il quale confida proprio sul retail domestico per piazzare i titoli di stato.
Le famiglie stanno rispondendo da tempo alla chiamata alle armi. Lo fanno per pura convenienza, intendiamoci. Sta di fatto che i dati della Banca d’Italia evidenziano che nel 2023 il debito pubblico in mano ad esse sia salito di 125,4 miliardi a quota 324,75 miliardi. Nel solo mese di dicembre, gli acquisti netti sono stati di 3,45 miliardi. A novembre si era registrato un calo di 2 miliardi, dovuto quasi certamente alla risalita dei prezzi dei bond. Ciò ha consentito a molti investitori individuali italiani di rivendere con profitto.
Tornati a comprare BTp anche gli investitori stranieri
Le famiglie detenevano a fine 2023 l’11,34% dell’intero debito pubblico, nettamente su dal 7,2% di un anno prima.
Se consideriamo che il debito pubblico in un anno sia cresciuto di oltre 105 miliardi, troviamo che le sole famiglie hanno acquistato BTp per il 119% dell’aumento. E gli investitori stranieri per quasi il 30%. Insieme, fanno il 149%. Questi numeri sono la testimonianza più concreta circa il crollo dello spread. Gli acquisti delle sole famiglie hanno ecceduto l’aumento dello stock, consentendo allo stato di rifinanziarsi senza particolari tensioni sul mercato. E poiché i rendimenti italiani restano i più alti dell’Eurozona, dall’estero i capitali sono tornati ad affluire, anche perché l’Italia fa molta meno paura di pochi mesi fa.
Non c’è spazio per l’auto-compiacimento
Il Pil italiano è cresciuto dello 0,9% nel 2023. Poco, ma meglio della media dell’Eurozona (0,5%) e, soprattutto, della Germania (-0,3%). Il ritorno dei cosiddetti “Bot people” ha disinnescato il rischio di un’impennata dei rendimenti, perlomeno nel breve termine. C’è persino aria di un possibile upgrade per i titoli di stato italiani. Le criticità, ovviamente, non mancano. Come segnalato all’inizio dell’articolo, il debito pubblico continua a crescere a ritmi elevati. Non vorremmo che nel governo prevalesse l’auto-compiacimento sulla prudenza fiscale sin qui dimostrata. Per quest’anno il deficit è stato fissato al 4,3%. Una novantina di miliardi di euro in emissioni nette, che sono cifre ancora troppo alte per attirare la fiducia del mercato.
Discesa del debito pubblico ora più lenta
Infine, è vero che il debito pubblico è sceso in rapporto al Pil. Ma questo è accaduto perlopiù per il boom dell’inflazione, che ha gonfiato il valore proprio del Pil nominale.