Debito pubblico italiano: 760 miliardi di interessi pagati in 10 anni

Il debito pubblico mostruoso dell'Italia ci è costato 760 miliardi in 10 anni e il peggio rischia di arrivare nel prossimo decennio.
8 anni fa
3 minuti di lettura

 

 

Cosa accade ai conti pubblici con il rialzo dei tassi

I numeri sono ancora più agghiaccianti, se si tiene conto del trend calante della spesa per interessi sin dal 2014. Nell’ultimo triennio, infatti, abbiamo dedicato per onorare il debito la media di una settantina di miliardi all’anno. Il 2016 dovrebbe essersi concluso a quota 67 miliardi, pari al 4% tondo del pil. Ma come mai gli interessi calano, sia in valore percentuale che assoluto, mentre il nostro debito esplode? Grazie alla BCE, che dal marzo di due anni fa ha iniziato ad acquistare titoli di stato con il “quantitative easing” e già dall’anno precedente varava stimoli monetari per sostenere l’inflazione nell’Eurozona, ma anche per rinvigorire la crescita economica e abbassare il costo dei debiti nell’area.

E così, la spesa per interessi incide oggi sul debito per il 3%, quando nel 2007, ultimo anno prima della crisi, ammontava al 4,8% di esso e nel triennio 2005-2007 intorno al 4,5%. Cosa vogliamo dire? E’ come se avessimo contratto un mutuo a tasso variabile e ci rallegrassimo perché gli interessi siano oggi più bassi di quelli di 10 anni fa, pur essendo il debito con la banca cresciuto nel frattempo del 39%. Cosa accadrà, quando gli interessi sul mercato saliranno di nuovo? (Leggi anche: Risanamento debito più difficile con la fine dei tassi zero)

Il conto sarà salato

Non appena la BCE paventerà il ritiro, pur graduale, degli stimoli, i rendimenti dei BTp torneranno a salire, adeguandosi ai fondamentali della nostra economia, tutt’altro che confortanti. Man mano che lo stato rinnoverà il debito in scadenza, lo dovrà fare a costi crescenti e di anno in anno, quel 3% di rapporto tra interessi e stock si riporterà a quel quasi 5% del periodo pre-crisi. Per noi contribuenti, implicherà un salasso da 40 miliardi, ai valori attuali, ovvero del 2,5% del pil.

Parliamoci chiaro: è come se il nostro deficit di lungo periodo fosse oggi prossimo al 5% del pil, il doppio dei livelli attuali. Soltanto per tagliarlo poco sotto il 3%, il tetto massimo previsto dal Patto di stabilità, dovremmo tagliare la spesa pubblica e/o aumentare le tasse di 33 miliardi. Chiaramente, questo scenario non si realizzerebbe in un solo colpo, ma nell’arco di diversi anni dalla fine del QE. Confidando in un po’ di crescita del pil, che rimpinguerebbe quasi automaticamente le casse statali e in una ripresa dell’inflazione, il costo sarebbe meno salato, ma ci sarà lo stesso ed è bene che non ci illudiamo di essere prossimi ad uscire dal tunnel della crisi del debito, perché l’uscita è molto più lontana e impervia di quanto pensiamo. (Leggi anche: Quale austerità? Gli interessi pesano più del 2011)

 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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