A fine 2021, verosimilmente il debito pubblico italiano salirà nei pressi dei 2.700 miliardi di euro. Rispetto al PIL, si aggirerà al 160%. Il costo della pandemia inizia a materializzarsi e non sarebbe neppure definitivo. In appena due anni, +300 miliardi di debiti e +25% sul PIL. Molti italiani s’interrogano sull’andamento dello stock prima e dopo la nascita dell’euro. Poiché la moneta unica avrebbe dovuto salvarci dal collasso finanziario, si chiedono come sia possibile che il debito pubblico italiano continui a salire sia in valore assoluto che in percentuale.
Anzitutto, di quanto è aumentato con l’euro? Ufficialmente, la moneta unica nasce l’1 gennaio 1999, sebbene l’abbiamo messa in tasca solamente tre anni più tardi. Allora, il debito pubblico italiano ammontava a 1.300 miliardi. Risulta così che alla fine del 2020, è sostanzialmente raddoppiato. Male? Bene? Per capirlo, dobbiamo valutare sia il rapporto debito/PIL, sia l’andamento nel periodo pre-euro.
A fine 1998, il debito pubblico italiano valeva il 114% del PIL. In 22 anni, risulta essere cresciuto di quasi 1.300 miliardi e di oltre 40 punti di PIL. Si direbbe che con l’euro non siamo andati granché bene. Tuttavia, pensate che prima dell’euro lo stock era raddoppiato tra il 1990 e il 1998, cioè in appena 8 anni. E prima ancora, tra il 1985 e il 1990, cioè in 5 anni. E andando ulteriormente a ritroso, ci aveva impiegato solamente 2 anni e mezzo per raddoppiare.
In rapporto al PIL, prima dell’euro bastò poco più di un decennio per assistere al raddoppio tra inizio anni Ottanta e inizio anni Novanta. Dopodiché, assistemmo a una discesa (lenta) fino al 2007 e a una successiva risalita moderata a causa della crisi finanziaria mondiale e, da ultimo, della pandemia. Se non ci fosse stato il Covid, verosimilmente il debito pubblico italiano avrebbe toccato i 2.600 miliardi non prima del 2023, cioè sarebbe raddoppiato rispetto all’ultimo anno della lira dopo almeno 25 anni.
Chiaramente, sono tanti i fattori che possono incidere sull’andamento del debito pubblico: economici, finanziari, politici, etc. Ma non c’è dubbio che con l’euro la solidità dello stock sia nettamente migliorata. Siamo passati da una durata media delle scadenze di appena 2,5-3 anni di inizio anni Novanta a una attuale di 7. Il costo stesso è nel frattempo collassato. La spesa per interessi sfiorò il 12% del PIL nel 1993, mentre adesso risulta in area 3,5%. Del resto, a metà anni Novanta il rendimento medio dei BTp in circolazione era dell’8% reale, cioè al netto dell’inflazione. A giugno, si aggirava intorno al -1%.