Il debito pubblico italiano ha toccato a marzo il nuovo record di 2.260,3 miliardi di euro. Quest’anno, stando alle stime della Commissione europea, dovrebbe salire poco sopra il 133% del pil, un livello ad oggi mai toccato, dal 132,6% del 2016. E’ un dato incontrovertibile che l’Italia continui ad accumulare debiti, mentre la sua economia non ha superato la crisi del 2008-’09, restando di dimensioni minori di circa il 7% rispetto ai livelli raggiunti nel 2007 e continuando a crescere ai ritmi più lenti di tutta l’Eurozona.
Lo stesso governatore della BCE, Mario Draghi, ha sostenuto la settimana scorsa la necessità di restare cauti sulla svolta di politica monetaria, intravedendo rischi a carico, in particolare, delle economie più indebitate. Un riferimento diretto all’Italia, che sarebbe il paese più colpito dalla fine del “quantitative easing” e dal rialzo dei tassi. (Leggi anche: Stretta BCE, Draghi avverte sui rischi)
Mercato sconterà maggiori rischi per i BTp
Quando la BCE smetterà di acquistare titoli di stato dell’Eurozona, i BTp, insieme agli altri bond dell’area, renderanno progressivamente di più, ovvero scenderanno di prezzo per la minore domanda sui mercati primario e secondario. I nostri titoli sconteranno, poi, un aumento percepito del rischio sovrano, essendo la nostra economia poco meglio che stagnante e con un indebitamento crescente.
Ora, maggiore rischio sovrano implica che esisterebbero maggiori probabilità di default per l’Italia, evento allo stato attuale non all’orizzonte. E allora cosa davvero preoccupa gli investitori per il prossimo futuro? Dicevamo, c’è aria di “tapering”, seppure non immediata. La questione riguarda tutti i bond, ma con accenti più preoccupanti per quelli emessi in economie molto indebitate e con bassa crescita come l’Italia.