La Cina non è più primo creditore del debito pubblico americano. Lo hanno dimostrato gli ultimi dati del Tesoro USA, secondo i quali alla fine di ottobre, Pechino deteneva Treasuries per 1.120 miliardi di dollari, appena superata dai 1.130 miliardi del Giappone, il livello più basso degli ultimi otto anni. In un solo mese, i cinesi hanno dismesso titoli di stato a stelle e strisce per 41,3 miliardi, così come anche i giapponesi, ma solo per 4,5 miliardi.
Come mai questa fuga dal debito americano e quali conseguenze potrebbe avere? La risalita dei rendimenti dei Treasuries, a seguito della stretta monetaria in corso, sta riducendone i prezzi, specie dei titoli a più lunga scadenza, un fatto che spinge i detentori del debito USA a vendere, implicando una svalutazione dei propri assets.
Lo yuan perde colpi
Tuttavia, nel caso della Cina ci sarebbe un’altra motivazione dietro al crollo dei Treasuries tra le riserve valutarie, ovvero la fuga dei capitali, che è iniziata lo scorso anno e che sta proseguendo a tutt’ora, facendo defluire centinaia di miliardi di dollari, deprezzando il cambio tra yuan e dollaro, che quest’anno si è indebolito del 6,7%, di cui l’1,5% nel mese di ottobre, quello delle massicce vendite di titoli USA.
Venerdì scorso, a conferma delle pressioni ribassiste sullo yuan, la People’s Bank of China ha fissato il tasso di cambio a inizio seduta al minimo degli ultimi otto anni e mezzo contro il dollaro, scendendo fino a oltre 6,96. Ma tutto ciò è un bene o un male per gli USA? (Leggi anche: Ecco chi sono i creditori dell’America e le ultime mosse della Cina)