Nei giorni scorsi, dopo ben 13 mesi di stallo Beirut ha finalmente avuto il suo nuovo governo. Il premier Najib Mikati ha incassato la fiducia del Parlamento e adesso potrà delineare il suo piano per la soluzione della crisi finanziaria ed economica in corso, una delle più gravi della storia per la Banca Mondiale. I bond in default del Libano hanno corso parecchio. In media, segnano rialzi del 50%. Non fatevi traviare dalla percentuale di crescita, dato che semplicemente sono passati da 12 a circa 18 centesimi di dollaro.
Per gli analisti di Goldman Sachs, gli obbligazionisti dovrebbero attendersi sui bond del Libano un “haircut” del 75%. La stima è determinata da alcune assunzioni, tra cui la previsione di un tasso di cambio di 8.000 lire contro un dollaro, quando oggi sul mercato nero lo scambio avviene a 14.500, pur in netto calo dai 23.000 a cui era arrivato in estate. Secondo la banca, il rapporto tra debito pubblico e PIL si attesterebbe al 300%. Nel marzo 2020, quando il paese andò in default, fu stimato al 170%. Tuttavia, da allora il cambio è collassato, così come il PIL. Ciò ha innalzato il valore del debito denominato in valuta straniera e abbassato quello del denominatore, cioè del prodotto interno lordo.
Bond Libano in ripresa, ma la ristrutturazione resta lontana
Un gruppo di creditori ha scritto al nuovo governo per reclamare l’avvio di colloqui urgenti per la ristrutturazione del debito. Esso comprende i fondi Amundi, Ashmore, BlackRock, BlueBay, Fidelity e T-Rowe Price. Sarebbero in possesso di quote tra il 25% e il 40% dei bond del Libano, una percentuale che li renderebbe determinanti per il buon fine di qualsiasi piano di ristrutturazione.
Il premier Mikati dovrà prestare molta attenzione a salvaguardare il sistema finanziario domestico, contestualmente al raggiungimento di un accordo con i creditori.