La visita-lampo della premier Giorgia Meloni in Tunisia, avvenuta questo martedì, svela quanto strategica sia divenuto il paese nordafricano per l’Italia e, in generale, l’intera Europa. Un viaggio organizzato dopo appena 48 ore dall’invito delle autorità tunisine rivolto al nostro governo. Atterrata a Tunisi, Meloni ha incontrato sia la premier Najla Bouden, anch’ella prima donna a capo del governo, sia il presidente Kais Saied. Obiettivo: scongiurare il default della Tunisia. Prima di ripartire per Roma, la nostra premier ha garantito il suo ritorno eventualmente insieme alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Meloni media tra Tunisia e FMI
La posizione dell’Italia è stata definita da Tunisi “intelligente e costruttiva”. Meloni è stata chiara: il Fondo Monetario Internazionale (FMI) deve mostrarsi “pragmatico”, perché se cade questo governo non s’intravedono alternative migliori. L’istituto ha stanziato già a fine 2022 1,9 miliardi di dollari per cercare di scongiurare il default della Tunisia. Chiede in cambio riforme economiche, che Saied si rifiuta categoricamente di sottoscrivere. Più morbida la posizione della premier Bouden.
Altra questione cruciale riguarda lo stato di diritto. Le trattative con l’FMI si sono interrotte un paio di mesi fa, quando Saied definì l’ondata migratoria dall’Africa subsahariana un “complotto” per trasformare la Tunisia da stato arabo a stato africano. Inoltre, il presidente ha sciolto il Parlamento senza indire nuove elezioni l’anno scorso, formando un nuovo governo da sé. Sia l’FMI che l’Unione Europea temono che la culla della Primavera Araba stia scivolando verso la dittatura. Di recente è stato incarcerato anche il leader del partito islamista all’opposizione Ennahda, Rached Ghannouchi.
Migranti e gas
Perché Meloni si batte da settimane contro il default della Tunisia? Questo è il paese da cui partono gran parte dei migranti che sbarcano sulle coste siciliane. Un eventuale collasso finanziario del paese farebbe venir meno anche i minimi controlli delle autorità tunisine.
Quali sono le armi in possesso di Tunisi per ottenere il prestito dell’FMI? La leva degli sbarchi è certamente la più importante, ma non l’unica. Nei mesi scorsi, Saied ha adombrato la prospettiva di battere cassa alla Cina. Lungimiranza vorrebbe che Washington e Bruxelles impediscano che ciò avvenga. Pechino ha allungato già troppo le mani sull’intera Africa. Se fosse determinante per scongiurare il default della Tunisia, finirebbe per arrivare al largo delle coste europee. Tra l’altro, Saied potrebbe arrivare a chiedere l’ingresso nella Nuova Banca per lo Sviluppo, l’entità dei BRICS alternativa all’FMI. Sarebbe condizione essenziale per chiedere e ottenere un prestito da essa.
Default Tunisia questione di (poco) tempo
La vicenda resta ingarbugliata. Inaspettato l’aiuto dell’Olanda all’Italia sul fronte sbarchi. Probabile che il premier Mark Rutte appoggi la richiesta di accelerare l’iter del prestito alla Tunisia per ridurre il rischio di una ondata migratoria. Ma senza riforme, impossibile per l’FMI sborsare un solo dollaro. Sarebbe un precedente pericoloso. D’altra parte, il default della Tunisia sarebbe eventualmente solo rinviato nel tempo. All’istituto creditore servono garanzie di impiego proficuo del denaro prestato, nonché del rilancio dell’economia domestica nel medio-lungo termine. Saied teme l’alto costo politico delle riforme: tagli ai sussidi, svalutazione del cambio, austerità fiscale, ecc.
Che il default della Tunisia sia altamente probabile, lo dimostrano i bond sovrani. L’emissione in euro con scadenza nel febbraio 2024 rende oltre il 36%.