La definizione agevolata degli avvisi bonari, Legge 197/2022, Legge di bilancio 2023, permette al contribuente di regolarizzare gli importi non ancora scaduti che gli sono stati contestati dal Fisco con i c.d. avvisi bonari da controllo automatizzato delle dichiarazioni, emessi sia rispetto alle imposte sui redditi sia rispetto all’Iva. Detto ciò, nel momento in cui il contribuente decide di aderire alla sanatoria, deve essere nelle condizioni di verificare quali sono gli importi che il Fisco gli sta contestando e soprattuto la correttezza delle contestazioni.
Ma a quanto ammontano le sanzioni e gli interessi che devono essere pagati al Fisco? Inoltre, laddove il contribuente decidesse di sfruttare la definizione agevolata devono essere pagati ulteriori interessi?
Ecco quali sono le risposte alle domande appena evidenziate.
La definizione agevolata degli avvisi bonari
Quando parliamo di definizione agevolata degli avvisi bonari, facciamo riferimento alla sanatoria di cui ai commi 153-159 della Legge di bilancio 2023. I primi chiarimenti rispetto alla sanatoria sono stati forniti con la circolare, Agenzia delle entrate, n°1/2023.
In particolare, la sanatoria riguarda gli avvisi bonari da controllo automatizzato delle dichiarazioni: articoli 36-bis del DPR 600/73 con riferimento alle imposte dirette, e 54-bis del DPR 633/72, con riferimento all’IVA. Sono oggetto di sanatoria gli avvisi bonari relativi ai periodi d’imposta in corso al: 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021. Di conseguenza, la definizione agevolata esplica i suoi effetti rispetto alle dichiarazioni presentate nel: 2020, 2021 e 2022.
La chance di definizione agevolata può essere sfruttata solo se riferita ad avvisi bonari (alternativamente): rispetto ai quali non è scaduto il termine di pagamento ossia non siano decorsi trenta giorni dal ricevimento dell’avviso (90 gg in caso di avviso telematico all’intermediario) o della comunicazione definitiva, contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta; recapitati successivamente all’entrata in vigore della Legge di bilancio ossia successivamente al 1° gennaio 2023.
Rispetto agli avvisi bonari non ancora recapitati, si pone la questione della scelta tra definizione agevolata e ravvedimento operoso.
Definizione agevolata avvisi bonari. Quanto costa veramente?
Per aderire alla sanatoria, il contribuente deve versare: le imposte, i contributi previdenziali contestati dal Fisco, gli interessi e le somme aggiuntive (maggiorazioni Inps sui crediti di natura previdenziale). Le sanzioni sono dovute nella misura del 3% anziché del 10%.
Detto ciò, nel momento in cui il contribuente riceve l’avviso bonario, si accorge che gli importi a debito ivi indicati sono rappresentati da: maggiori imposte contestate, sanzioni del 10% (ridotte al 3% in caso di sanatoria) e interessi.
A quanto ammontano gli interessi?
Ebbene, gli interessi ammontano al 3,5% (vedi art. 6, comma 1 decreto 21 maggio 2009). Dunque, in caso di definizione agevolata, il contribuente paga: la maggiore imposta, le sanzioni al 3% e gli interessi al 3,5%(ritardato pagamento). Imposte e interessi che sono dovuti senza alcuno sconto anche in caso di sanatoria.
Inoltre laddove decidesse di rateizzare, max 20 rate trimestrali gli importi dovuti, dovrà pagare ulteriori interessi, questa volta “da dilazione” e non da ritardato pagamento. Gli interessi da dilazione sono sempre al 3,5%.