Giovedì 27 si è tenuto il primo confronto televisivo tra il presidente Joe Biden e il suo predecessore Donald Trump, in vista delle elezioni presidenziali del 5 novembre. E’ stato trasmesso dalla Cnn, quando in Italia era notte fonda. Per l’inquilino alla Casa Bianca è stato un disastro d’immagine irreparabile, definitivo, ben oltre le peggiore previsioni tra gli stessi democratici. E’ apparso confuso, con la voce rauca e bassa, non è stato in grado in diverse occasioni di completare frasi di senso compiuto.
Biden sconcertante nel confronto con Trump
La performance è stata sconcertante. Quali che siano le opinioni politiche di ciascuno, non si può negare umana compassione per un uomo evidentemente da tempo non più nel pieno delle proprie forze psico-fisiche. L’uomo ha 81 anni e da quando è entrato alla Casa Bianca, tuttavia, segnala spesso di non essere del tutto in salute. Il guaio è che non puoi pretendere di guidare la superpotenza mondiale in queste condizioni. I primi a saperlo sono quelli del suo entourage nel Partito Democratico. Gli avevano chiesto il passo indietro un anno fa, ma il presidente non ha voluto saperne. Crede che sarà l’unico in grado di battere nuovamente Trump.
I dem pensano al rimpiazzo
Tra i democratici l’allarme è scattato senza più ipocrisie. La stampa progressista, che ha difeso a spada tratta Biden fino sostanzialmente a qualche giorno fa, adesso gli chiede formalmente di ripensare alla sua candidatura, di cederla ad altri. L’invocazione è arrivata anche da Thomas Friedman, suo amico e giornalista del New York Times. I piani per rimpiazzare eventualmente Biden sono già iniziati, anche se non è detto che saranno portati a termine.
La prima è che Biden ha ottenuto la maggioranza assoluta, quasi totale a dire il vero, dei grandi elettori democratici alle primarie nei mesi scorsi. Non aveva avversari, se non di circostanza. Solo se fosse egli stesso a ritirarsi, dunque, i suoi uomini sarebbero liberi alla convention di Chicago di agosto di nominare un altro candidato. Formalmente, potranno farlo anche senza il suo assenso, approfittando del voto segreto. Ma vi immaginate cosa accadrebbe se un candidato venisse sconfessato dai propri stessi elettori? L’immagine del partito ne uscirebbe distrutta a ridosso delle elezioni.
Fiumi di denaro in bilico
C’è anche un fattore monetario a imporre prudenza. Biden ha raccolto 212 milioni di dollari durante la sua campagna ad oggi. Se si ritirasse o fosse rimpiazzato senza il suo assenso, quel denaro dovrebbe essere restituito ai finanziatori. Il suo sostituto partirebbe a pochi mesi dalle elezioni con 0 dollari in cassa. E negli Stati Uniti nessuno vince le elezioni senza soldi. Certo, è altresì possibile che gran parte del denaro raccolto venga confermato dai finanziatori, ma il tutto non sarebbe automatico. In una sola occasione resterebbero tutti in cassa, cioè se fosse Kamala Harris a candidarsi al suo posto. In qualità di sua vice alla presidenza, infatti, fa parte del ticket.
Harris e suggestione Michelle Obama
La suggestione Harris esiste sin da quando i due sono entrati alla Casa Bianca, ma è stata abbandonata per l’irrilevanza politica dimostrata dalla californiana. Se Biden risulta impopolare, Harris lo sarebbe anche di più tra gli elettori. Non ha mai brillato neppure tra gli stessi dem, che non l’hanno effettivamente valorizzata.
La vera suggestione sarebbe da tempo rimpiazzare Biden con l’ex First Lady, Michelle Obama. Avrebbe dalla sua l’elettorato progressista ed è molto popolare negli Stati Uniti.
Ombre su amministrazione Biden
Infine, una questione non meno importante. Se Biden venisse accantonato dal suo partito, in quanto considerato inabile alla presidenza per un secondo mandato, quale credibilità avrebbe la sua attuale presidenza agli occhi degli americani? In molti si chiederebbero apertamente se in questi anni Washington sia stata guidata effettivamente dal presidente o da qualcuno che ne abbia fatto occultamente le veci. Aprirebbe interrogativi inquietanti, visto il delicato momento geopolitico. E ciò farebbe ancora più danni ai democratici. Chiunque sostituisse in corsa Biden, si porterebbe dietro il sospetto di celare un disegno ben preciso del “deep state”.