La depressione post partum colpisce il 10-15% delle donne e non va assolutamente trascurata (anche perché a questa percentuale va sommata il numero di quelle che non riconoscono la diagnosi o si vergognano ad ammetterlo): è vero che la gravidanza e la nascita di un bambino portano all’evento più bello della vita di una donna ma è anche innegabile che comportano una serie di cambiamenti fisici, ormonali e di stile di vita che possono destabilizzare. E’ quindi assolutamente giusto considerare la depressione post partum come una malattia ma dal punto di vista lavorativo quali diritti e garanzie offre?
Diritti della lavoratrice dopo depressione post partum
La prima cosa da valutare è il momento in cui viene diagnosticata la depressione post partum, ovvero se la malattia si verifica durante la maternità o durante l’astensione facoltativa.
- 50% della retribuzione giornaliera per i lavoratori dipendenti per il periodo che intercorre tra il 4° e il 20° giorno di malattia e 66,66% dal 21° giorno al 180°.
Questa scelta va comunicata al datore di lavoro mediante inoltro del certificato medico per via telematica. Se la depressione post partum viene trattata in questo modo dal punto di vista delle assenze, la lavoratrice è tenuta a rispettare gli orari di reperibilità delle visite fiscali anche se se, come per la depressione in senso latu, si può dimostrare che uscire di casa non implica un peggioramento dello stato di salute e anzi può favorire la guarigione in alcuni casi.