Un po’ presto per parlare di tredicesima, eppure ad essa guarda il governo Meloni. La scorsa settimana, il vice-ministro dell’Economia, Maurizio Leo, esponente di Fratelli d’Italia e stretto collaboratore della premier, ha prospettato l’ipotesi che possa essere detassata. L’idea dell’esecutivo sarebbe di attingere alle risorse disponibili per alleviare la pressione fiscale a carico dei lavoratori in modo palpabile. E così è spuntata fuori l’idea di sottoporre questa mensilità in più erogata ai dipendenti alla “flat tax” del 15% già prevista per gli autonomi.
Leo è stato chiaro sul punto; si farà tutto in base alle risorse disponibili. Perché da un lato esiste l’esigenza di abbassare le tasse a chi lavora, dall’altro bisogna fare attenzione ai conti pubblici. L’aumento dei tassi d’interesse fa lievitare la spesa per interessi e riduce i margini fiscali a disposizione dei governi, particolarmente di chi deve gestire un elevato indebitamento come l’Italia. Sul punto Moody’s ha avvertito che potrebbe arrivare a declassare il nostro rating sovrano a “non investment grade”, cioè a “spazzatura”. Teniamo conto che al momento l’agenzia giudica i BTp con Baa3, il livello più basso dell’area “investment grade”.
Via stretta tra taglio cuneo fiscale e riforma IRPEF
Dunque, i margini per tagliare le tasse sulla tredicesima sono strettissimi. Anche perché servono altri 6 miliardi per finanziare il taglio del cuneo fiscale, una cifra doppia di quella ipotizzata nel Documento di economia e finanze (DEF), dato che il governo ha successivamente optato per raddoppiare la portata del beneficio in busta paga. E poi ci sarà la riforma dell’IRPEF dal 2024, sebbene il conto gravi a partire dal bilancio dell’anno prossimo. A tale proposito, il governo punta a ridurre da quattro a tre le aliquote. Si parla realisticamente di fondere le prime due aliquote del 23% e del 25%, generando un risparmio a favore dei redditi tra 15.000 e 28.000 euro.
Ma la detassazione della tredicesima resta possibile. Il PIL nel primo trimestre è cresciuto dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti e dell’1,8% su base annua. Nel DEF il governo aveva alzato all’1% la crescita programmata per quest’anno. L’ISTAT ha stimato a +0,8% la crescita già acquisita. Pertanto, in presenza di una crescita minima anche nei trimestri successivi, le previsioni ufficiali sarebbero battute. In effetti, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, da settimane ripete di aspettarsi in cuor suo una crescita sopra l’1%.
Cosa c’entra tutto ciò con la tredicesima? Più alta la crescita, maggiori le entrate fiscali. A proposito, nel primo trimestre hanno segnato un aumento dell’1,3%. L’inflazione sta dando una mano, specie tramite l’IVA. I prezzi salgono e il fatturato nominale delle imprese anche. Ciò aumenta il gettito dello stato. Se il PIL sale sopra le attese, si creerebbero margini di bilancio da poter gestire secondo le necessità. E per il governo Meloni la necessità numero uno è l’abbattimento delle tasse. Ovviamente, nel quadro della sostenibilità finanziaria.
Tredicesima detassata, fino a +420 euro in busta paga
Solo che il costo stimato per la detassazione della tredicesima è di almeno 3 miliardi di euro. Il beneficio medio varierebbe da un minimo di 70 a un massimo di 420 euro. Parliamo di uno 0,15% del PIL. In teoria, la misura sarebbe perfettamente sostenibile con una crescita del PIL almeno dell’1,3%. In caso contrario, occorre trovare altrove le risorse. Una possibile soluzione sarebbe di limitare il beneficio. Il governo non esclude di concentrare la detassazione sui soli dipendenti del settore privato. In alternativa o parallelamente, sarebbero previste limitazioni di reddito per fruire della detassazione. Ma se vuole essere uno stimolo ai consumi sotto Natale, tali limiti rischiano di rivelarsi negativi.
Infine, non dimentichiamo che l’anno prossimo si terranno le elezioni europee.