Detrazione spese sanitarie nel Regime Forfettario: quale possibilità

Detrazioni Sanitarie per chi opera nel Regime Forfettario: perché non si possono scaricare e quando conviene passare alla partita IVA ordinaria. Quale calcolo fare.
5 anni fa
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Si possono “scaricare” le spese sanitarie nel regime forfettario? Una domanda che nella vita professionale risulta più ricorrente di quanto si possa immaginare e con una risposta a volte difficile da far digerire all’interlocutore che si ha davanti.
Chiariamo fin da subito che i contribuenti aderenti al Regime Forfettario ed il cui reddito ricade esclusivamente in tale tipologia, non possono detrarre alcuna spesa mentre è consentita la deduzione dei soli oneri previdenziali.

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Il regime forfettario: la normativa di base

Il Regime Forfettario è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge di stabilità 2015 e più precisamente dall’art.

1, commi da 54 a 89, della L. n. 190 del 23 dicembre 2014.
L’art. 1 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018, ha successivamente modificato alcuni requisiti di accesso, innalzando ed unificando il limite reddituale portandolo agli attuali 65.000 euro annui. Non si è trattato, come spesso erroneamente sostenuto, dell’introduzione nel nostro ordinamento di una flat tax, quanto del semplice innalzamento di un precedente limite.
Il Forfettario è da intendersi come un regime fiscale agevolato destinato ad operatori economici, persone fisiche, di ridotte dimensioni. Possono accedere al regime forfettario i contribuenti che hanno iniziato una nuova attività nel corso del 2019 e che presumono di non eccedere gli € 65.000,00 di ricavi o compensi. Per i soggetti già in attività, il regime è accessibile a chi nel corso del precedente esercizio non ha superato il citato limite di ricavi o compensi.

Sono esclusi dal Regime Forfettario:

  • i contribuenti che si avvalgono di regime speciali ai fini Iva o di regimi forfettari di determinazione del reddito;
  • i non residenti, con eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’U.E. o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni, a condizione che producano in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato;
  • i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari o che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente;
  • le persone fisiche la cui attività venga prevalentemente esercitata nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei precedenti due periodi d’imposta (stesso limite è posto nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro). Fanno eccezione i contribuenti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Il calcolo del reddito per rientrare nella partita IVA agevolata

I soggetti che aderiscono al regime in questione determinano il proprio reddito forfettariamente tramite l’applicazione di una percentuale di redditività, stabilita ex lege, all’ammontare dei ricavi o dei compensi.


Pertanto, al contrario di quanto avviene per i regimi “ordinari” in cui ai ricavi o compensi vengono dedotti i costi fiscalmente rilevanti, nel regime forfettario il monte dei costi viene definito statisticamente in base all’attività esercitata.
Le percentuali di redditività variano a seconda dell’attività svolta, in particolare sarà rilevante il codice ATECO associato all’attività in sede di apertura di partita Iva: ad ogni classe di codici ATECO corrisponde una determinata percentuale.
L’unico onere ammesso in deduzione è rappresentato dai contributi previdenziali.
La determinazione del reddito da assoggettare a tassazione risulta essere, pertanto, abbastanza semplificata una volta individuata la corretta percentuale di redditività.

Chiariamo il concetto con l’aiuto di un esempio: prendiamo in considerazione un contribuente che svolge l’attività professionale di avvocato e che, quindi, utilizza il codice ATECO 69.10.10 (attività degli studi legali). Si ricorda che è possibile consultare l’ATECO da una lettura del certificato di attribuzione della partita Iva o in precedenti dichiarazioni in caso di proseguimento di attività già esercitata o dal proprio cassetto fiscale.
Il professionista in questione consegue nel 2019 un ammontare di compensi (incassati) di € 40.000,00. Sempre nel 2019 ha pagato € 3.000,00 di contributi previdenziali. A nulla rilevano i costi sostenuti pur se attinenti all’attività svolta.

La percentuale di redditività corrispondente all’ATECO 69.10.10 è definita nella misura del 78%.
Il reddito da assoggettare a tassazione sarà pertanto così determinato:
(compensi x 78%) = reddito lordo
(reddito lordo – oneri previdenziali) = reddito netto da tassare
Con i numeri del nostro esempio, pertanto, il contribuente dovrà pagare le imposte su € 28.200,00 [(40.000 x 78%)-3.000].

L’ammontare delle imposte da corrispondere se si opera nel Regime Forfettario

Il passo successivo al calcolo del reddito è l’applicazione della percentuale d’imposta sostitutiva stabilita pari al 15%.
Riprendendo l’esempio su riportato, il contribuente dovrà corrispondere a titolo di imposta € 4.230,00 (28.200 x 15%).
L’imposta è onnicomprensiva e sostitutiva di Irpef, relative addizionali, Irap ed Iva.
L’imposta sostitutiva è ridotta al 5% per i contribuenti che iniziano una nuova attività per i primi cinque esercizi a condizione che vengano rispettati alcuni requisiti:
il contribuente nei precedenti tre esercizi non ha esercitato alcuna attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare;
l’attività intrapresa non costituisce una mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il periodo di pratica obbligatoria;
se viene proseguita un’attività svolta in precedenza da un altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi o compensi realizzati nel periodo d’imposta precedente non deve superare il limite di € 65.000,00.

L’impossibilità di beneficiare di detrazioni e deduzioni per i forfettari

Come già anticipato, chi aderisce al Regime Forfettario non ha diritto a portare in detrazione o deduzione alcun costo con esclusione degli oneri previdenziali.

Saranno pertanto “perse” le detrazioni derivanti da carichi di famiglia, spese sanitarie, spese scolastiche, spese universitarie, spese di ristrutturazione, ecc.
Il motivo è abbastanza semplice: i compensi realizzati nel Regime in questione non concorrono in alcun modo alla formazione del reddito complessivo rilevante ai fini Irpef ma piuttosto un ammontare autonomo tassato con un’unica imposta sostitutiva. Le detrazioni riconosciute dalla Legge sono applicabili sull’ammontare di Irpef che, in questo caso, sarà pari a zero. Stesso discorso vale per le deduzioni con l’unica esclusione degli oneri previdenziali poiché direttamente connessi all’attività d’impresa o professionale svolta.
Per affinità il Regime Forfettario può essere equiparato alla Cedolare secca sugli affitti. In entrambi i casi, infatti, il reddito prodotto è autonomo, non rilevante ai fini Irpef ed assoggettato ad una imposta (cedolare) sostitutiva.

L’uscita dal regime forfettario per usufruire delle detrazioni fiscali: quando conviene

La perdita dei requisiti di accesso in precedenza descritti determina l’uscita dal Regime Forfettario a far data dal 1° gennaio dell’esercizio successivo.
Il Regime Forfettario conviene sempre?
Determinazioni forfettaria del reddito, imposta unica ridotta, semplificazione degli adempimenti tributari, tutti vantaggi che potrebbero far pensare alla bontà assoluta del Regime Forfettario nei confronti della tassazione ordinaria ma, nella realtà, non è sempre così e le variabili da considerare non possono ridursi ai soli apparenti vantaggi.
Il giudizio di convenienza deve essere analizzato caso per caso prendendo in considerazione l’attività svolta e le condizioni personali del contribuente.
Ad un contribuente con un nucleo familiare consistente a carico, ad esempio, potrebbe risultare poco conveniente l’adesione al Forfettario per la perdita derivante dalle detrazioni all’Irpef.

Altra importante variabile da considerare riguarda l’Iva sugli acquisti: si pensi ad esempio ad un contribuente che svolge un’attività di tipo commerciale e che pertanto acquista molti beni. Nel Regime Forfettario il contribuente non effettua alcuna rivalsa Iva sui propri clienti e non può detrarre l’Iva pagata sugli acquisti che, pertanto, anziché neutrale determinerà un costo di cui bisogna tenere debitamente conto.

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